La Calabria è lo specchio di un sistema di accoglienza che continua a muoversi in una logica emergenziale, anche in assenza di reali emergenze. È quanto denuncia il report “Accoglienza al collasso. Centri d’Italia 2024”, realizzato da ActionAid e Openpolis, che attraverso dati ottenuti da accessi agli atti al Viminale ricostruisce in dettaglio lo stato della rete di accoglienza in Italia, regione per regione.
In Calabria, al 31 dicembre 2023, le persone accolte rappresentano appena lo 0,3% della popolazione residente. Eppure, il sistema resta fortemente sbilanciato verso la gestione straordinaria e centralizzata, con solo il 41,7% degli ospiti inseriti nel circuito Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), gestito dagli enti locali. Il resto è diviso tra Cas (48,7%) e il Cara di Isola Capo Rizzuto (9,6%), dove si concentrano gran parte delle criticità.
I numeri dei minori stranieri non accompagnati (Msna) raccontano una realtà ancora più allarmante: la Calabria è sesta in Italia per numero di presenze (392), ma si assiste a una crescita nei Cas minori – strutture inadeguate alla presa in carico dei giovani – che passano da zero nel 2020 a 149 presenze nel 2023. Preoccupano anche i frequenti inserimenti di Msna in centri per adulti, in particolare nel Cara di Isola Capo Rizzuto, dove si contano 85 minori.
Nonostante l’incremento della capienza del sistema prefettizio (+58%), si registrano ancora situazioni di sovraffollamento e letti inutilizzati nei centri Sai per minori (12%), sintomo di una gestione disorganica e inefficiente. Emblematica la situazione del centro di Lamezia Terme, con 180 presenze a fronte di 135 posti disponibili.
Parallelamente, cresce il ricorso a centri molto grandi e poco controllabili: nel 2023 oltre il 51% delle persone nei Cas calabresi è ospitato in strutture tra i 50 e i 300 posti, mentre i piccoli centri fino a 20 posti rappresentano ormai meno del 9%. La prefettura di Vibo Valentia è tra le prime in Italia per capienza media nei Cas, con strutture fino a 150 posti.
Altro elemento critico è la presenza significativa di gestori privi di competenze specifiche: il 28% dei posti nei Cas calabresi è gestito da soggetti for profit attivi in settori come turismo, edilizia e agricoltura. Un’anomalia che evidenzia come l’accoglienza sia spesso trattata come un business piuttosto che come un servizio pubblico.
Infine, a peggiorare il quadro, il forte ricorso a affidamenti diretti nella gestione dei centri: quasi il 43% nel 2023, contro il 17% del 2022 e lo 0% rilevato nel 2020-2021. Una prassi che solleva interrogativi sulla trasparenza e sulla legalità nella gestione dei fondi pubblici destinati all’accoglienza.
Il report restituisce l’immagine di una regione dove l’assenza di programmazione strutturale, la compressione dei diritti e la marginalizzazione dei più vulnerabili – soprattutto i minori – sono la norma. E mentre la retorica politica parla di controllo e sicurezza, i dati raccontano una realtà fatta di opacità, inefficienze e disuguaglianze crescenti.