Dopo lunghi otto anni sarà fatta giustizia sull’ efferata morte dell’imprenditrice calabrese, ha inizio oggi giovedì 14 marzo, in Corte d’Assise a Catanzaro, il processo a carico di Salvatore Ascone accusato di concorso in omicidio per la morte della povera Maria Chindamo, di 44 anni, residente a Laureana di Borrello, scomparsa il 6 maggio 2016 a Limbadi e il cui corpo, secondo le indagini, è stato dato in pasto ai maiali ed i resti triturati da un trattore cingolato. Il presunto colpevole è accusato di avere manomesso l’impianto di videosorveglianza posto all’ ingresso dell’azienda dell’imprenditrice. La donna si era ribellata alla ‘Ndrangheta decidendo di gestire i terreni di sua proprietà dopo il suicidio del marito, Ferdinando Puntoriero, morto l’8 maggio 2015. Il padre di quest’ultimo, Vincenzo Puntoriero (deceduto), sarebbe stato il mandante dell’omicidio della nuora. A un anno esatto dal suicidio del marito, infatti, Maria Chindamo si era ritrovata a gestire i suoi terreni e la sua attività agricola originariamente riconducibili ai Puntoriero, “quella stessa famiglia – scrivevano i pm – che ha ritenuto la donna responsabile del suicidio” del figlio.
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