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Ambulanze senza medico e senza strumenti: la farsa dei soccorsi all’aeroporto di Lamezia

Un passeggero si sente male su un volo Ryanair, interviene un infermiere tra i viaggiatori. L’ambulanza privata arriva ma è vuota: nessun medico, nessuna attrezzatura salvavita. Ecco l’ultima vergogna firmata SACAL, con la regia dell’amministratore unico Marco Franchini

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Quando l’ambulanza è solo una scatola vuota. Lo scandalo dell’emergenza sanitaria all’aeroporto di Lamezia

Il Quotidiano del Sud — giornale serio e da sempre attento alle battaglie civili, diretto con rigore da un collega che stimiamo — ha pubblicato ieri un articolo a firma di Raffaele Spada che mette i brividi. Titolo: “Malore sull’aereo, ma l’ambulanza privata arriva senza strumenti”. Un fatto accaduto sabato scorso all’aeroporto di Lamezia Terme, su un volo Ryanair atterrato da Milano, dove un passeggero ha accusato un malore. Per sua fortuna a bordo c’era un infermiere libero dal servizio, che ha prestato i primi soccorsi. L’ambulanza? Arrivata, sì. Ma vuota. Niente medico. Niente strumentazione salvavita. Nessuno in grado di gestire un codice rosso.

Un fatto gravissimo, che denuncia il collasso silenzioso di un servizio essenziale: il soccorso sanitario aeroportuale. Perché anche se da anni — dal 2014 per l’esattezza — il servizio è a carico dei gestori aeroportuali, questo non significa che lo si possa ridurre a un appalto di comodo, ben pagato, ma senza controlli.

Ce lo segnala una nostra fonte riservata, interna al sistema aeroportuale:

“L’appalto sarà pure in capo al gestore, ma poi devi controllare che abbiano tutto a posto: attrezzature standard, revisione del mezzo, assicurazione, dotazioni minime previste dal capitolato.”

Ma oggi, ci dicono, si assiste al contrario.
Si fanno appalti — probabilmente su scala regionale, per tutti e tre gli aeroporti — che sembrano costruiti più per affidare il servizio agli amici degli amici che per garantire i soccorsi. Chi dovrebbe controllare? Il nome è uno: Marco Franchini, amministratore unico della SACAL. L’Accountable Manager, come si dice in gergo. E con lui il suo sottoposto, Claudio Raso, responsabile delle operazioni, che per ruolo dovrebbe garantire che ogni ambulanza che si muove all’interno dell’aeroporto sia dotata di quanto previsto dal regolamento e dal buonsenso.

E invece? Un servizio di emergenza ridotto a una finzione teatrale. Una facciata. Un’ambulanza che arriva, ma solo per portare via. Non per salvare.

Questa è la fotografia perfetta di ciò che sta accadendo nella gestione della SACAL, sotto la regia opaca dell’uomo scelto da Roberto Occhiuto, il presidente della Regione Calabria: Marco Franchini. Un manager il cui passato professionale, tra Brindisi e Catania, è costellato di buchi neri, inchieste della Corte dei Conti, rimozioni e nomine opache. E ora, in Calabria, gli hanno messo in mano un’intera rete aeroportuale. Il risultato? Lo vediamo: ambulanze spoglie, personale inadeguato, sicurezza pubblica affidata al caso.

E il contratto di appalto? Misterioso. Sarebbe interessante capire chi ha vinto, quanto viene pagato il servizio, con quali clausole di controllo. Ma il punto politico resta: la responsabilità è pubblica, perché l’aeroporto è un’infrastruttura strategica, perché i fondi arrivano dalla Regione, e perché ogni vita che si rischia per un’ambulanza senza medico è una responsabilità diretta di chi governa e controlla.

Ne riparleremo. Anzi: ne parleremo a lungo. Perché stavolta non si può far finta di nulla. E perché la Calabria che alza la testa — come dice giustamente il Quotidiano del Sud — deve anche imparare a pretendere rispetto per la vita, la salute e la dignità dei suoi cittadini. Anche quando scendono da un aereo.

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