«Ciclicamente rispuntano teorie sul ritrovamento dei Bronzi di Riace, ma i fatti – a mio avviso – sono duri». Così interviene Cosimo “Nuccio” Schepis, restauratore ed ex tecnico del Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria, che ha lavorato a lungo alla conservazione dei due capolavori bronzei assieme all’archeologa Paola Donati dell’Istituto Centrale del Restauro di Firenze, scomparsa prematuramente.
Schepis prende le distanze dalle ultime ipotesi circolate, secondo cui i due guerrieri sarebbero stati recuperati al largo di Brucoli, in Sicilia, e solo successivamente trasferiti nelle acque calabresi. «Con tutto il rispetto, non intendo commentare l’ennesima ricostruzione fantasiosa», afferma.
Ricostruendo la vicenda, Schepis ricorda che il ritrovamento avvenne il 16 agosto 1972 da parte di Stefano Mariottini, sub dilettante romano in vacanza a Monasterace, che notò un braccio emergere dal fondale sabbioso nei pressi di Punta Forticchio, a Riace Marina. Il ritrovamento fu immediatamente segnalato ai Carabinieri e al Sovrintendente ai Beni Archeologici della Calabria dell’epoca, Giuseppe Foti. Da lì partì il lungo percorso di conservazione delle statue, inizialmente restaurate a Firenze dal team di Edilberto Formigli e Renzo Giachetti.
Schepis, oggi in pensione, ripercorre con orgoglio anche i quattro anni (2010-2013) di restauro a Reggio Calabria, svolti in collaborazione con Paola Donati, all’interno di un’ala appositamente allestita di Palazzo Campanella. «Non volevamo rischiare un nuovo trasporto a Firenze – racconta – e con il supporto delle istituzioni regionali, realizzammo un ambiente climatizzato e antisismico, con una parete trasparente che permetteva ai visitatori di assistere dal vivo al nostro lavoro». Un’esperienza di alto valore scientifico, poi certificata anche dalle ispezioni dell’Istituto Centrale del Restauro, che ha confermato lo stato ottimale di conservazione dei Bronzi.
«Questo per me è motivo di grande soddisfazione – conclude Schepis – tutto il resto lo lascio volentieri alle cronache».