Sabato e domenica è bruciato il catanzarese, ma non solo. E le alte temperature fuori media del periodo, siamo solo alla metà di aprile, non possono essere considerate l’unico detonatore di una bomba potenzialmente devastante: ecologica oltreché socioeconomica, minando incolumità fisica e produttiva o patrimoniale di intere comunità. Perché i roghi che già nel weekend appena trascorso, a oltre due mesi dall’ingresso dell’estate… canonica, sono divampati in quasi tutta la Presila della provincia di Catanzaro, da Sersale a Taverna, sono un mix tra vari fattori.
Caldo eccessivo (ma non stavolta, poiché comunque in alta collina le temperature non hanno superato i 24 gradi che non sono certo una canicola infernale); opera di qualche balordo; incuria nella pulizia di rovi e sterpaglie che una volta accesi divampano con grande facilità e scarsa prevenzione. Ovvio, quindi, che tutti richiamino la campagna antincendi (dolosi innanzitutto) varata un anno fa dal governatore Roberto Occhiuto, addirittura con l’ausilio dei droni. Strumenti, talvolta efficacissimi, che hanno inesorabilmente individuato, dal cielo, un bel po’ di piromani e irresponsabili. I quali magari stavano appiccando il fuoco per interesse personale su piccole porzioni di terreno, salvo poi scatenare incontrollabili fiammate. Che, come noto, con il gran caldo e dei boschi ‘secchi’ diventano dei veri e propri ordigni. Ma il punto non è soltanto la programmazione occhiutiana e la sua buona riuscita.
Semmai lo è, anche e soprattutto, l’inadeguatezza (se non l’inesistenza) dei piani antincendio locali. Di Comuni che né da soli, ma sarebbe oggettivamente complicato per gli scarsi mezzi a disposizione, né in forma consorziata, per fronteggiare il grave problema, hanno i mezzi per rispondere a emergenze del genere. E sarebbe invece il caso che una rete del genere fosse costituita, in particolare nelle zone più a rischio ovvero con luoghi abitati nei pressi di campagne e aree boschive. Una pianificazione che offrirebbe un’importante arma in più in una lotta ardua da condurre. Ecco perché, ad esempio, è da tempo che l’Unione dei Comuni ed Enti montani (Uncem) ha preparato un questionario ad hoc e tentato di confrontarsi con sindaci e amministratori del territorio. Ma che non sono parsi molto interessati alla delicata faccenda, forse ‘distratti da altro.