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Chi fischia Grossman, caro Manconi, non sono compagni che sbagliano

Lo scrittore ebreo contestato alla festa delle idee di Repubblica da alcuni esponenti dell’estrema sinistra. L’analisi del fondatore del Il Foglio, Giuliano Ferrara, dopo alcune affermazioni dell’ex senatore Manconi. Afferma il giornalista: “su queste vicende c’è un grande equivoco di massa”

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Di Giuliano Ferrara*

Come gli viene in mente a Luigi Manconi di definire compagni che sbagliano i disgraziati che hanno fischiato David Grossman alla festa delle idee bolognese di Repubblica? Siccome Grossman è uno scrittore laico, ha opinioni critiche sul modo di difendersi di Israele, vuole la pace con i palestinesi e ha pagato con il dolore di un figlio ucciso nella guerra del Libano, è ostile a questo governo, ha scrupoli umanitari evidenti nei suoi libri, non ama il governo del Likud, piange come tutti noi i bambini morti in guerra a Gaza, allora è stato un errore fischiarlo, anche se chi lo ha fischiato è in perfetta buona fede e ha commesso solo un legittimo emendabile errore. Il compagno che sbaglia è un vecchio riflesso ideologico della sinistra da sempre politicamente corretta, e della sua stentata pedagogia correttissima. Era una scemenza negli anni Settanta del terrorismo, è una scemenza ora negli anni della guerra di autodifesa di Israele contro i terroristi di Hamas. Chi se la prende con uno scrittore israeliano nel migliore dei casi è uno sprovveduto che ripete la filastrocca “dal fiume al mare” perché crede che Israele sia un paese colonialista e che il sionismo sia un nazionalismo cocciuto e crudele con i suoi nemici, genocida, che bisogna dare addosso a chi in apparenza è più forte, tecnologico, a chi è occidentale nello schieramento delle democrazie contro dittature e teocrazie prenucleari che lo assediano su molti fronti, ed è in alleanza con gli orridi Stati Uniti; nei casi intermedi è un militante che grida contro quello che percepisce come un paese che pri- meggia, che è capace di fare cose che inducono al benessere e ad ampie libertà civili e politiche, compresa l’eguaglianza di diritto di etnie e nazionalità diverse pur sotto l’egida di uno stato ebraico, mentre dei suoi nemici vede la miseria che genera compassione ma non il nichilismo islamista, il tribalismo, l’odio e la ferocia indicibili spacciati per ansia di liberazione, la sottomissione delle donne e di tutte le minoranze, una cultura tossica e incompatibile con la democrazia e con un progetto realista e severo di perseguimento della libertà e dell’indipendenza nazionale nella convivenza con gli altri; nel peggiore dei casi è il portatore e la vittima insieme di un automatico riflesso antigiudaico, sdoganato fino all’irrisione dell’argomento della Shoah come fondamento del focolare nazionale ebraico, e Grossman è stato fischiato a prescindere dalle sue opinioni, erano intolleranti con lui perché israeliano, qualcuno perché è un ebreo e abita nel paese del sionismo realizzato. Federico Rampini ha spiegato con lucida nettezza

due cose: il problema non è chi guida Israele, ma chi guida i palestinesi senza l’obiettivo di pace dell’indipendenza e della tolleranza, e che il momento della verità è venuto quando il capo militare di Hamas, le cui bandiere sventolano nei campus americani e europei, ha detto senza il minimo scrupolo che i morti civili tra i suoi sono un sacrificio necessario al bene della causa. Se questi sono compagni che sbagliano, e che dovrebbero limitarsi ad aggredire il loro fantasmatico nemico, il sionista militante, il religioso, magari il riservista, e comunque l’israeliano diverso da Grossman, lasciando in pace la rappresentazione caricaturale dello scrittore di sinistra come ebreo del salotto buono dei progressisti o liberal, Manconi è un sociologo e un attivista umanitario che diminuisce la sua intelligenza e i propri meriti e li avvilisce nel fondo limaccioso di un equivoco di massa.

*giornalista – Presidente de “Il Foglio”

Il Foglio” del 19 Giugno 2024

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