Una sostituzione in udienza (la delega di un avvocato impossibilitato a parteciparvi a un collega) di recente attuata al Tribunale di Catanzaro per un’opposizione (ex art. 615 Cpc) al diritto della parte istante a procedere a un’esecuzione forzata è valsa la ‘misera quota’ di 20 (dicasi 20) euro. Iva e Cpa esclusa, quantomeno. Peccato che, come peraltro scritto da alcuni avvocati sui social i quali hanno da tempo intrapreso una battaglia di dignità professionale, la cifra invece richiesta in altri Fori ammonti addirittura a oltre 7 volte tanto: 150€.
Un divario incredibile e che rende per molti appartenenti alla categoria inaccettabile la situazione locale. Forse non un unicum in Italia, ma di sicuro sufficiente a costituire un’evidente anomalia. Soprattutto se si pensa a gruppi social e portali ormai pieni di queste… offerte promozionali. Persino relative a sostituzioni in Cassazione per un importo pari ad appena 70€. Il guaio, tuttavia, sta probabilmente nel numero esorbitante di togati. Nel territorio catanzarese e dintorni in particolare. Ma anche in parecchie altre zone d’Italia.
Una condizione che, fatta eccezione solo per i cosiddetti principi del Foro o quelli ormai più esperti ed inseriti, determina un’indubbia e palese inflazione del prestigioso ruolo. Allo stato attuale svilito dalla necessità di monetizzare per una pletora di giovani o non fenomenali esponenti della categoria, costretti a tutto o quasi (compreso svendere certe prestazioni) pur di far… volume. Vale a dire di guadagnare per vivere e assolvere ad obblighi fiscali e contributivi quali ad esempio l’oneroso pagamento della Cassa di previdenza.