Cateno De Luca sbarca a Vibo Valentia, accompagnato dal commissario regionale Massimo Cristiano, per lanciare il suo «Sud chiama Nord». Un progetto che guarda ad una nuova idea di sviluppo del Meridione, «sganciato dalle logiche del sistema e libero dalla schiavitù». L’impegno immediato, come sostiene Cristiano, è «quello di radicare il partito su tutto il territorio. Aumentare il consenso per le elezioni europee».
Cateno De Luca è un fiume in piena. Non risparmia nessuno e, soprattutto, non è avaro nel criticare chi merita di essere criticato. Parte dal suo percorso «che in Sicilia ci ha visti protagonisti. Oggi stiamo costruendo una pagina di storia e, soprattutto, non siamo al guinzaglio di nessuno».
In primis l’annuncio, per dire che il 1 e il 2 giugno a Napoli presenterà la «contro repubblica». De Luca vuole costruire una nuova classe dirigente, «libera e non teleguidata. Noi siamo alla ricerca di uomini e donne che fanno una scelta. Potevamo assumere decisioni diverse ma non siamo come loro, non siamo schiavi del sistema». Parla anche della sua vicenda personale, conseguenza di un impegno politico, i processi, la detenzione e poi il procedimento di risarcimento per ingiusta detenzione. «Questo accade perché se non hai scheletri nell’armadio c’è sempre qualcuno che è pronto a metterli. Il potere protegge se stesso» e chi è contro di esso vuol dire che «non è un pupo».
Poi una stoccata, anzi un gancio contro il governatore della Calabria. «Il vostro presidente è venuto a rompere le scatole a Messina». L’espressione usata da Cateno De Luca non è proprio rompere le scatole ma rende comunque l’idea anche se la sua espressione è più colorita. Il riferimento è a quando Occhiuto è andato in Sicilia a fare un comizio contro di lui. «Quando diventi il presidente della Regione – la chiosa – sei il presidente di tutti ed è volgare partecipare a comizi. Questo vale il presidente del Consiglio e per i ministri. Tutti perennemente in campagna elettorale. Fanno leggi per conquistare consensi».
A chi lo accusa di essere populista risponde di «essere orgoglioso se il termine è riferito al fatto che sono figlio del popolo. Non appartengo alla casta». Espressione che invece respinge se riferita al fatto che i «populisti giocano a spararla grossa per non entrare nelle istituzioni e non risolvere i problemi. Io ho risanato interi comuni, non possono dire di me che sono populista. Sono antisistema si». Accuse ad un sistema «malato», per ricordare il fatto la gente lavora per «mantenere un sistema che non riesce nemmeno a fare le finanziarie per pagare gli interessi sul debito. Non funziona la forma di Stato. Il centralismo sta facendo aumentare il divario e la finta autonomia di Calderoni non serve al Nord e nemmeno al Sud, perché mantiene il centralismo».
Infine una stoccata contro chi ha voluto e vuole il ponte sullo stretto. Una struttura che lui chiama «ponte di Matteo Verdini», per la cui realizzazione si «tolgono 300 milioni alla Calabria e due miliardi dalla Sicilia». La classe poliitica, senza distinguo tra maggioranza e opposizione, «sta svendendo le nostre terre e i nostri destini».