di Ilario Amendolia
La Calabria è una Regione a democrazia sospesa e la decisione del prefetto di Reggio Calabria di commissariare la Fondazione Corrado Alvaro, a San Luca, costituisce un passo ulteriore verso lo svuotamento radicale e sostanziale della nostra Costituzione.
La motivazione è singolare e si può racchiudere in due parole: SCARSA EFFICIENZA.
Quindi, il commissariamento è concepito come antidoto alla scarsa “efficienza”, e ci potrebbe pure stare se ciò non avvenisse in una Regione dove la gente muore nei corridoi degli ospedali, spogliata persino della propria dignità…
E ciò accade dopo vent’anni di commissariamento della sanità.
Inoltre, nei Comuni commissariati per presunte infiltrazioni mafiose, dopo due anni di costosa gestione straordinaria da parte dei commissari, la ’ndrangheta diventa generalmente più forte di prima e la gente è pronta a votare con percentuali bulgare gli stessi amministratori arbitrariamente rimossi.
(Scilla, Portigliola, Sant’Ilario, Ardore, Lamezia…)
Questi sono i risultati dei commissariamenti.
E non migliori sono quelli riguardanti la SORICAL, Calabria Verde, le ASP, i Consorzi, ecc. ecc.
I commissariamenti, almeno finora, non hanno mai prodotto maggiore efficienza o maggiore trasparenza.
L’esperienza dei principali partiti politici calabresi, gestiti per anni da commissari, ne è l’ulteriore prova.
La verità è che, generalmente, si commissaria per impedire alla gente di partecipare alla vita pubblica
e per svuotare di significato il dettato costituzionale, che pretende(rebbe) che il potere appartenga al popolo.
In molti casi, si vogliono marchiare i calabresi come inetti e incapaci, al punto da non saper gestire nemmeno una fondazione culturale.
Questa è la vera posta in gioco.
Questa è la sfida in atto.
E non certo il nome, certamente rispettabile, del dottor Gerardis.
Il commissariamento – al di là delle stesse intenzioni del prefetto –
oltraggia e ferisce la memoria di Corrado Alvaro, di San Luca, della Calabria intera.
Schierarsi diventa quindi una questione di principio.
Il silenzio, invece, diventa viltà.