Partirono giovani e forti, ma sono inesorabilmente morti. Cammin facendo. Che cosa? I principi e relativi buoni propositi dell’Amministrazione Fiorita, che si era capito sin dall’indomani delle elezioni di fine giugno del 2022 come fossero soltanto delle mere enunciazioni. Utili per la campagna elettorale. In cui si doveva convincere gli elettori di una città dove il centrosinistra vince in media ogni 15 anni, che fosse arrivato il momento propizio per ridargli una chance. Che fosse insomma tempo di voltare definitivamente pagina con l’interminabile epoca Abramo (assai negativa nella parte finale, aggiungiamo noi).
Ecco allora l’affacciarsi del nuovo che avanza(va). Un fronte fioritiano in realtà più stantio del cucco con tanti “giovani-vecchi” ai quali interessava forse assai più prendere il potere dopo anni e anni di bocconi amari mandati giù a ripetizione rispetto alla messa in pratica del buon governo del capoluogo. Una delicata gestione strategica oltretutto neanche in mano loro, bensì a un folto drappello di consiglieri comunali ‘fluttuanti’. Il vero ago della bilancia. È così che, in una Catanzaro ancora una volta al primo turno schieratasi a destra (accade dal ’97 con gli unici intervalli 2006-2011 e quello corrente, iniziato nel 2022) in virtù della chiara vittoria al primo turno di quella stessa coalizione confluita nell’asse donatiano, la scelta nel successivo ballottaggio è caduta su un sindaco di… minoranza. Che se non faceva comodo a tutti, di sicuro faceva comodo a tanti. Soprattutto nel Palazzo. Dove un capo della governance, come lui, numericamente molto debole e sempre a caccia di voti in assemblea, e quindi incline ai reiterati compromessi poteva fare al caso di diversi mestieranti dell’istituzione cittadina. E infatti le conseguenze, i frutti per qualcuno, dell’anomala situazione si sono visti subito con giravolte e piroette assortite di un fronte fioritiano costretto a snaturarsi e contaminarsi, accogliendo gran parte di una destra ‘furba’.
Che riuscirà a guidare la città per 5 anni, con gli immaginabili vantaggi del caso, ma avendo Fiorita come “specchietto per le allodole e parafulmine” del crescente malcontento popolare. Che poggia su una gestione sempre più somigliante a quella abramiana (con dentro anche un maggiorente come Mimmo Tallini) di fine secondo decennio e inizio terzo del Duemila. Fase in cui c’era un gruppo granitico che però ormai si rintanava sempre nel ‘rifugio’ del civico consesso svolto in seconda convocazione, dove il quorum per approvare le pratiche si abbassa sensibilmente, e – proprio come accade ora – della convocazione senza il rispetto del termine minimo di preavviso previsto dal Regolamento. Ma senza alcuna giustificata motivazione di “urgenza”. Aspetto peraltro fatto notare dal Gruppo di Azione in “Aula Rossa”, che stamani ha diramato un comunicato stampa per stigmatizzare il fatto e chiedere il ripristino dell’agibilità democratica.