La recente elezione di Simona Scarcella a sindaco di Gioia Tauro non è stata priva di polemiche e interrogativi etici che oggi, più che mai, emergono in tutta la loro gravità. La figura della nuova prima cittadina è strettamente legata a quella del marito, l’architetto Francesco Mangione, il quale è coinvolto in una complessa vicenda giudiziaria che affonda le radici in un’indagine antimafia e che ha visto la sua sospensione cautelativa da parte dell’amministrazione precedente, guidata dall’ex sindaco Aldo Alessio.
Mangione, già rinviato a giudizio con l’accusa di associazione a delinquere nell’ambito del processo Waterfront, è al centro di una decisione controversa presa dalla nuova amministrazione cittadina. Nonostante le gravi accuse e un processo ancora in corso, l’attuale amministrazione ha deciso di revocare la sospensione cautelare che lo teneva lontano dal suo ruolo di dirigente tecnico. Questo atto, apparentemente giustificato da una richiesta interna degli uffici comunali, solleva forti dubbi sull’opportunità e sull’etica della decisione.
Durante la campagna elettorale, Scarcella aveva negato con forza il rinvio a giudizio del marito, arrivando a minacciare di querele una testata locale che aveva dato notizia della fissazione della data del processo. Smentite che si sono frantumate, quando il sindaco uscente, Aldo Alessio, aveva invece confermato che l’ex dirigente dell’ufficio tecnico stava per essere processato per associazione a delinquere, quell’affermazione che si è rivelata falsa pesa ancora oggi come un macigno sulla credibilità politica della neo prima cittadina. La sua vittoria al ballottaggio, sostenuta dal potente coordinatore regionale di Forza Italia, Francesco Cannizzaro, ora sembra macchiata da una decisione che ha tutto il sapore di un grave errore etico e politico.
Cannizzaro, vero e proprio dominatore della scena politica reggina, ha raccolto successi elettorali su scala provinciale, mettendo in ombra persino il governatore Occhiuto. Tuttavia, il sostegno alla Scarcella gettano un ombra sulla “qualità” della geografia del potere che sta costruendo nella provincia reggina. La scelta della Scarcella di reintegrare il marito rappresenta un vulnus non solo alla valutazione di opportunità della scelta ma anche un palese conflitto di interessi che minaccia di esplodere sulla scena politica locale.
In questo scenario, il silenzio della stampa locale appare particolarmente inquietante. La mancanza di copertura mediatica su una decisione così controversa pone interrogativi seri sulla libertà di stampa e sulla capacità dei media locali di agire come cane da guardia della democrazia e dei sistemi di potere. Più volte, giornalisti locali sono stati ripresi dagli editori per aver sollevato questioni scomode riguardanti la famiglia Scarcella, un fatto che contribuisce ad alimentare il clima di sospetto e di connivenza tra politica e informazione.
L’attuale amministrazione sembra dunque proseguire su una strada già tracciata, dove l’etica politica e il senso di opportunità vengono sacrificati sull’altare del potere. Questa vicenda, con tutte le sue implicazioni, potrebbe rappresentare un pericoloso precedente per la gestione della cosa pubblica a Gioia Tauro e non solo, riproponendo questioni di fondo sulla qualità dei personaggi che compongono il puzzle di potere attorno a Francesco Cannizzaro.
La decisione di revocare la sospensione cautelare di Mangione non è solo discutibile, ma solleva interrogativi sul futuro della governance in una città già pesantemente segnata da problemi di legalità.
Etica in frantumi a Gioia Tauro: la Scarcella e il ritorno del sospetto
Il controverso reintegro del marito del sindaco di Gioia Tauro riaccende il dibattito sul tema dell'opportunità politica di questa scelta