Si è concluso con un’assoluzione il processo che vedeva coinvolto l’architetto Francesco Arcuri, accusato di reati legati alla formazione di false firme in un contesto di presunti illeciti associati a appalti e massoneria. La Corte di Appello di Catanzaro ha emesso la sentenza che ha definitivamente scagionato Arcuri, precedentemente già assolto dal Gup di Paola, il quale aveva ritenuto che “il fatto non sussiste”.
Le accuse iniziali riguardavano una serie di reati gravi, tra cui l’associazione a delinquere e la violazione della legge Anselmi, normativa italiana che disciplica la materia della massoneria. Tuttavia, nel corso del procedimento la maggior parte di queste contestazioni sono state abbandonate, focalizzando l’attenzione del processo sulla questione della presunta formazione di firme false.
Il Pubblico Ministero aveva richiesto una condanna a un anno e sei mesi di reclusione per Arcuri, ma le prove presentate dalla difesa hanno portato i giudici a ritenere insussistenti le accuse. L’architetto, assistito nel processo dall’avvocato Francesco Liserre, ha sempre mantenuto la sua innocenza, sostenendo di non aver mai preso parte a comportamenti illeciti e di non avere collegamenti con la massoneria.
La sentenza della Corte di Appello rappresenta una vittoria non solo per Arcuri, ma anche per il suo legale, che ha dimostrato con argomentazioni solide come le accuse fossero infondate. Il caso ha attirato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, data la notorietà del professionista e la gravità delle accuse mosse contro di lui.
Con l’assoluzione, Arcuri può ora continuare la sua carriera professionale, mentre il dibattito sulle problematiche legate alla penetrazione della massoneria nel settore degli appalti ritorna a concentrarsi su altri casi e su altri protagonisti, senza dimenticare le questioni di legalità e trasparenza che continuano a essere al centro dell’attenzione in Italia.