In Italia l’imprenditoria giovanile sta vivendo un’emorragia silenziosa ma profonda. Secondo un’analisi di Confesercenti su dati camerali, tra il 2019 e il 2024 hanno cessato l’attività oltre 35.600 imprese under 35 nei settori del commercio, della ristorazione e dell’ospitalità. Un crollo del -22,9%, ben peggiore della contrazione media nazionale (-7,2%) e quattro volte più pesante rispetto a quella delle imprese over 35.
Oggi solo una su dieci tra le aziende di questi comparti è guidata da giovani, contro il 12,1% di cinque anni fa. Un segnale chiaro di declino generazionale in comparti vitali per l’economia urbana e turistica del Paese.
La fragilità è evidente anche nei dati di sopravvivenza: oltre un terzo delle nuove imprese chiude entro cinque anni, con punte del 43,1% nella ristorazione. Il fenomeno è particolarmente grave nel Centro-Sud, dove regioni come Calabria, Sicilia, Abruzzo, Sardegna, Toscana e Umbria segnano perdite superiori al 25%, alimentando l’impoverimento del tessuto imprenditoriale locale.
A soffocare le nuove attività sono burocrazia, tasse e concorrenza digitale: i piccoli imprenditori under 35 fanno sempre più fatica a reggere l’urto dell’e-commerce e del turismo digitale. Nei centri urbani intermedi, la fuga è ancora più marcata: -24% in media.
Nel frattempo, l’età media degli imprenditori nei tre settori principali sale a 51,3 anni, con punte massime in Liguria (54,1 anni). Solo in Puglia, Campania, Sicilia e Lazio si mantiene appena sotto i 51 anni, segnale che il ricambio generazionale è sempre più difficile.
Confesercenti lancia un appello: serve un piano d’urto, con meno tasse, più formazione e strategie territoriali intelligenti. “Senza interventi rapidi – avverte l’associazione – rischiamo la desertificazione economica delle nostre città”.