Gratteri pontifica, ancora. Stavolta vuole chiudere i tribunali. Ma qualcosa scricchiola nel verbo gratteriano
Ormai non è più una novità: Nicola Gratteri pontifica su tutto. Tra una trasmissione e l’altra, tra un’ospitata e un’intervista, il procuratore di Napoli continua a spiegare agli italiani – e ai politici, ai magistrati, ai costituzionalisti, ai ministri – come dovrebbero funzionare le cose. L’ultima perla? La chiusura dei tribunali di Larino, Lanciano e Vasto, che secondo lui sarebbero superflui e inefficienti.
Non lo ha detto in un documento ufficiale o in un’udienza pubblica. No. Lo ha detto in una delle sue innumerevoli interviste televisive, stavolta su NOVE, il suo ormai abituale pulpito mediatico. Perché Gratteri, si sa, è un magistrato, ma è anche un brand, un’icona, un prodotto televisivo che si piazza con la stessa costanza di un ospite fisso nei talk show. Non c’è argomento su cui non abbia una verità da dispensare, e se qualcuno osa dissentire, beh… evidentemente non ha capito nulla della giustizia.
Il verbo gratteriano: chiudere, accentrare, sbagliare il 62% delle indagini
L’idea è sempre la stessa: accorpare, chiudere, concentrare tutto in strutture più grandi, eliminando ciò che appare “piccolo” o “ridondante”. Peccato che la realtà smentisca clamorosamente il verbo gratteriano. Prendiamo il tribunale di Larino: ha numeri di produttività superiori a tribunali più grandi come Campobasso e Isernia. Tradotto: non è la dimensione a rendere un tribunale inefficiente, ma la carenza di risorse, personale, investimenti.
E qui arriva il problema: Gratteri, nel suo mondo alla rovescia, continua a raccontarci che il problema della giustizia italiana si risolve con grandi ristrutturazioni, chiusure e rivoluzioni mediatiche. Ma la realtà è un’altra: il 62% dei suoi procedimenti finisce in un nulla di fatto. Le sue indagini “spettacolari” spesso si schiantano contro il muro delle sentenze, ma questo nelle sue interviste non lo racconta mai.
Novità: qualcuno comincia a dissentire (timidamente)
Ma c’è una notizia, ed è importante: per la prima volta, qualcuno ha osato dissentire. No, non parliamo di una grande ribellione contro il dogma gratteriano, ma di un primo scricchiolio, di un piccolo sussurro di dissenso. Alcuni magistrati, avvocati e operatori del settore stanno cominciando a mettere in dubbio l’idea che chiudere tribunali sia davvero la soluzione.
Forse è presto per parlare di un “dissenso strutturato”, ma è un segnale. Fino a qualche tempo fa, nessuno osava contraddire il grande inquisitore mediatico della giustizia italiana. Ora, invece, qualcosa si muove.
Resta da vedere se questo piccolo segnale diventerà un vero dibattito, oppure se verrà sommerso dal solito tappeto rosso che i talk show stendono per lui. Di sicuro, noi continueremo a guardare con occhio critico e ironico il fenomeno Gratteri, il magistrato diventato guru, che non sbaglia mai (tranne nel 62% dei casi, ma questo non conta).