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IL CASO. Operazione “Eumenidi”: tutti assolti. Rimane la sofferenza

Emanuele Ionà, uno dei più noti e brillanti imprenditori della Calabria, che rimase coinvolto in quella vicenda, con una amara nota di ringraziamenti su Instagram ci ha rammentato il senso della nostra mission e il motivo per il quale abbiamo fondato questo giornale: tentare di far percepire l’amarezza e la sofferenza di coloro che sono stati sbattuti innocentemente nei gironi dell’inferno giudiziario e sensibilizzare l’opinione pubblica al tema del problema Giustizia

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Come spesso ci accade, da quando abbiamo deciso di dare vita a un nuovo giornale con una marcata sensibilità garantista, ci imbattiamo in una delle tante troppe storie di vittime della giustizia sensazionalista rimaste impigliate nella rete a strascico dei grandi blitz giudiziari. Specialista di questa pessima pratica giudiziaria, in questi anni è stata la Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro, la quale,  un articolo 7 (l’aggravante mafiosa) non l’ha mai negato a nessuno, neanche ai furti di merendine confezionate dei supermercati ad opera di qualche Rom. E, tuttavia, neanche le Procure ordinarie scherzano, come nel caso di questa vicenda che ha riguardato la gestione della Sacal, la società di gestione dell’aeroporto di Lamezia Terme. 

All’alba dell’11 aprile 2017 scatta l’operazione “Eumenidi”

Purtroppo, a partire dal 1992, anche le procure ordinarie non si sono fatte mancare nulla. All’alba dell’11 aprile 2017 la Procura della Repubblica di Lamezia Terme fa scattare l’operazione “Eumenidi” con la quale vennero azzerati i vertici della Sacal (società di gestione aeroportuale) dell’epoca. 

Una roboante operazione che il giorno dopo fu arricchita dalle pubblicazioni dei soliti stralci di intercettazione (alcune pruriginose) abilmente distribuite e dosate ai soliti velinari del cronismo giudiziario, ormai ridotti al rango di copia e incolla del Pm o del Procuratore di turno. All’alba dell’’11 aprile del 2017, i mostri da sbattere in prima pagina, per il godimento del vampirismo giustizialista nazionale, furono nomi altisonanti dell’imprenditoria e della politica regionale. La crème de la crème dell’economia calabrese, ma non facciamo nomi per non riaprire ferite ai protagonisti di una delle tante pagine vergognose della giustizia in questa regione e in questo paese. 

Ne citeremo solo uno, colui che, con un post pubblico, ci ha ricordato quella triste vicenda e  ci ha ispirato questo pezzo: Emanuele Ionà, uno dei più noti e brillanti imprenditori della Calabria, il quale, con una amara nota su Instagram di ringraziamenti che pubblicheremo di seguito,   ci ha rammentato il senso della nostra mission e il motivo per il quale abbiamo fondato questo giornale, e cioè tentare  di far percepire l’amarezza e la sofferenza di coloro che, sono stati sbattuti innocentemente nei gironi dell’inferno giudiziario di questo paese e di questa regione, e contribuire così, a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della deriva della  giustizia. 

“Solido impianto probatorio”

Emanuele Ionà all’epoca dei fatti era membro del CdA della SACAL e aveva 39 anni e si trovò catapultato di colpo nel vortice della gogna mediatico-giudiziaria che, solitamente, fa più danni alle persone e alle aziende di uno tsunami del Pacifico. 

Torniamo però un attimo indietro, al momento dell’operazione. Partiamo dalle accuse. Contestazioni pesanti! Le indagini preliminari, condotte da 2 sostituti procuratori coadiuvati dal gruppo della Guardia di Finanza e dalla polizia di frontiera aerea di Lamezia Terme, avevano -a loro dire- “consentito di accertare la perpetrazione di gravi delitti contro la pubblica amministrazione quali ipotesi di peculato (art. 314 C.P.), corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio (artt. 319-321 C.P.), induzione indebita a dare o promettere utilità (319-quater C.P.), abuso d’ufficio (art. 323 C.P.), falso in atto pubblico (art. 476-479 C.P.), millantato credito (346 C.P.).” Il tutto accompagnato dalla solita retorica cronistica-giudiziaria pro-indagine a prescindere. Fiumi di inchiostro con il quale furono massacrati mediaticamente il presidente, il direttore generale e la responsabile dell’Ufficio legale di Sacal.

Il tutto incorniciato nell’epitaffio della Procura, in una dicitura che più o meno recitava così: «Dal punto di vista probatorio, l’indagine fonda essenzialmente sugli esiti di una capillare attività tecnica di captazione, telefonica ed ambientale, anche all’interno degli uffici della società. Le copiose acquisizioni documentali intervenute a seguito delle perquisizioni effettuate presso la Sacal S.p.A. hanno confermato le ipotesi investigative, consentendo di individuare un contesto di malaffare nell’amministrazione della spesa pubblica e, ancora una volta, la gestione clientelare del mercato del lavoro in Calabria, con il consenso e la connivenza di esponenti della politica.»

Tutti assolti perché il fatto non sussiste

Sette anni dopo sapete come è finita? Tutti assolti perché il fatto non sussiste. Il fatto non sussiste, avete letto bene! Tra l’altro, alla fine del circo, è la stessa Procura a chiedere l’assoluzione per gli indagati. Ovviamente 7 anni dopo. Verrebbe da chiedersi: chi ha valutato e come “le copiose acquisizioni documentali intervenute a seguito delle perquisizioni effettuate presso la Sacal S.p.A.”? 

Potete stare certi che nessuno chiederà conto ai magistrati e ai responsabili della polizia giudiziaria che hanno condotto le indagini e determinato questi macroscopici errori di valutazione, i quali hanno prodotto danni di immagine devastanti alla migliore imprenditoria del territorio. Statene certi, coloro che furono i protagonisti di questa inchiesta, così come tante altre finite allo stesso modo, hanno scalato o stanno scalando i vertici delle loro rispettive progressioni giudiziarie e militari, anzi, molto probabilmente, tra le medaglie che hanno appuntato al petto, paradossalmente ci sarà anche la fallimentare operazione “Eumenidi”. Funziona così il mondo alla rovescia nelle dinamiche giudiziarie italiane. 

Così vanno le cose in questa repubblica delle banane profondamente malata e che, paradossalmente, non ha nessuna intenzione di guarire, anche perché, la classe dirigente politica e burocratica, non è in grado di correggere il tiro. 

Ionà: “giustizialisti di professione non infangate… voi non potete minimamente immaginare”

Per noi che siamo cronisti e vogliamo fare questo mestiere con un minimo di onestà intellettuale ma, soprattutto,  con il coraggio dell’autocritica che, dovrebbe essere appannaggio  della nostra professione e che, invece, giorno dopo giorno sta diventando sempre più autoreferenziale, non ci rimane che provare a correggere qualche tiro, soprattutto, quando incrociamo atti di sofferenza amari, seppur carichi della soddisfazione di esserne usciti,  come quella di Emanuele Ionà, che abbiamo avuto modo di leggere su Instagram e  che oggi pubblichiamo integralmente qui di seguito con la speranza che abbia una funzione pedagogica soprattutto sul cronismo forcaiolo e giustizialista: 

«Sette anni fa come oggi scattava l’inchiesta “Eumenidi” che azzerava i vertici della Sacal, di cui io facevo parte, per delle ipotesi di reato molto gravi. A distanza di tutti questi anni qualche mese fa il Tribunale di Lamezia, su richiesta della Procura della Repubblica, ha assolto tutti perché il fatto non sussiste. In tanti mi hanno incitato a togliermi qualche sassolino dalla scarpa, ma non l’ho fatto allora e non lo farò oggi, oggi è un giorno di festa perché si chiude definitivamente uno dei periodi più difficili ma al tempo stesso formativi della mia vita. Oggi è il giorno dei ringraziamenti: A mia moglie Paola per la grandezza che ha avuto in quei giorni e nei mesi a seguire, mai avuto un momento di sconforto e sempre con il sorriso sulle labbra. A mia sorella Vivienne e mio cugino Lucio per aver sopportato la mia pesantezza. A Cinzia, Tranquillo, Antonio, Barbara, Elisabetta, Benny, Salvatore, Antonio, Lucilla e tanti altri cari amici che non hanno avuto mai il minimo dubbio sulla mia correttezza e onestà. A Loredana per tutto quello che ha dovuto gestire in quei giorni e non solo in quei giorni!

Ai miei collaboratori per l’affetto incondizionato, ricordo ancora l’abbraccio di Paola Morelli quando mi vide arrivare in concessionaria e corse verso di me piangendo pensando che non era un avviso di garanzia ma qualcosa di più grave.

A Loredana per tutto quello che ha dovuto gestire in quei giorni e non solo in quei giorni! Ai miei collaboratori per l’affetto incondizionato, ricordo ancora l’abbraccio di Paola Morelli quando mi vide arrivare in concessionaria e corse verso di me piangendo pensando che non era un avviso di garanzia ma qualcosa di più grave.

A mio Suocero ed ai suoi occhi pieni di lacrime di quella mattina.

A Mamma ed al suo infinito amore, questa giornata è dedicata a te che hai sofferto e pianto più del dovuto! Ai miei Avvocati Sergio Rotundo e Domenico Aiello, grazie.

Concludo chiedendo ai giustizialisti di professione di non giudicare e infangare una persona indagata, perché non potete minimamente immaginare che drammi familiari e psicologici ti porta una roba del genere. A Papà e al suo epitaffio che mi ha accompagnato in questi lunghi anni: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede…»

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