È un atto importante, che segna un punto fermo nel dibattito pubblico calabrese. Monsignor Giovanni Checchinato, arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano, ha deciso di inviare un messaggio di piena adesione alle ragioni della manifestazione del 10 maggio per il diritto alla salute. Lo fa con parole ferme, lucide, durissime nella loro chiarezza evangelica e civile.
Il diritto alla salute, scrive il vescovo, non può essere regolato da logiche numeriche o aziendalistiche, né subordinato alla “politica del tot”: tot abitanti per un ospedale, tot residenti per un servizio. È la denuncia di un modello che calpesta il dettato costituzionale e condanna intere aree del Sud — e in particolare la Calabria — a una cittadinanza mutilata. Il messaggio che pubblichiamo integralmente è una presa di posizione che La Novità Online accoglie con profonda convinzione e riconoscenza. Perché dimostra che anche dentro le istituzioni religiose, oggi, c’è chi ha il coraggio di dire parole vere, nette, non accomodanti. Una parola che non si limita a benedire, ma prende posizione. Ed è anche per questo che oggi, nelle piazze della Calabria, ci sentiamo meno soli.
Messaggio per la manifestazione del 10 maggio
“Carissime amiche e amici che partecipate alla manifestazione per il diritto alla salute, vi saluto cordialmente ed esprimo la mia adesione alle richieste per le quali manifestate, anche se non posso essere presente di persona. La Costituzione Italiana all’articolo 32 recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.” È sotto gli occhi di tutti la asimmetria delle possibilità che si hanno in Calabria e nel resto dell’Italia, soprattutto in regioni più attrezzate dal punto di vista economico. Come vescovi della Calabria abbiamo scritto l’anno scorso: “Le disuguaglianze nel nostro Paese hanno una natura anche territoriale. Esse si determinano principalmente lungo l’asse Nord-Sud, dando luogo al fenomeno del divario civile, per cui il contenuto effettivo dei diritti sociali di cittadinanza cambia a seconda dei luoghi. Pensiamo alla sanità, ma anche all’istruzione, ai servizi sociali, alla questione ambientale, ai trasporti. Non si tratta solo di questioni economiche, ma dell’accesso ai diritti di cittadinanza. In uno Stato unitario essi vanno assicurati a tutti a prescindere dal luogo di residenza e dal grado di sviluppo produttivo locale. Senza questi diritti si indebolisce il senso di appartenenza a un’unica comunità nazionale.” Purtroppo la logica che sottopone le persone all’economia fa da sfondo alle scelte compiute e che si stanno compiendo nelle istituzioni locali e centrali; giustamente sosteneva il prof. Cersosimo in una intervista pubblicata qualche settimana fa dall’Eco di Bergamo: “per molti altri anni la telemedicina, ritenuta fondamentale per l’assistenza sanitaria di prossimità, non raggiungerà i paesi più remoti e lontani, già penalizzati da infrastrutture carenti. Ancora una volta si è scelto di potenziare le reti e le connessioni dove sono già diffuse in nome di quella che io chiamo “la politica del tot”: tot ragazzi per avere una scuola, tot abitanti per avere la caserma dei carabinieri, tot abitanti per una farmacia o per un ospedale sacrificando la possibilità di vivere nella rarefazione, tipica di un Paese policentrico come il nostro”. Che la manifestazione odierna rappresenti uno stimolo per le Istituzioni e il Governo Centrale e si possano fare passi sufficienti e necessari per adeguare sempre più e meglio la situazione della sanità pubblica al dettato costituzionale. Auguri!”