di Francesca Gabriele
Lo scorso 31 luglio, durante l’incontro con il ministro Valditara, i sindacati hanno provato a portare avanti la causa di chi, nonostante abbia superato i concorsi del 2020 e del 2023, si trova ancora in una situazione di stallo. La richiesta era chiara: perché non assumere questi docenti, già formati e selezionati, invece di bandire nuovi concorsi? La risposta, purtroppo, è stata evasiva, quasi a voler dire che non ci fosse davvero un’alternativa. Ciò che lascia perplessi è il modo in cui queste trattative sono state gestite. La Commissione europea, che ha recepito un PNRR scritto dal precedente governo, non sembra aver considerato adeguatamente le reali esigenze del sistema educativo italiano. C’è un aspetto ancora più preoccupante. Mentre si chiede agli insegnanti di superare concorsi difficili e selettivi, si assiste al paradosso di chi, grazie a titoli ottenuti all’estero in modo discutibile, riesce a entrare nel sistema scolastico italiano con facilitazioni. Lauree in Lettere conseguite in Italia in tempi record, e specializzazioni in Paesi come Romania, Malta o Spagna, spesso utilizzate per bypassare le rigorose procedure italiane, stanno minando la meritocrazia. Questo è un tradimento non solo nei confronti dei docenti precari, ma dell’intero sistema scolastico. E allora, cosa rimane ai precari in questo Ferragosto? La speranza di un cambiamento, di una presa di coscienza da parte delle istituzioni, affinché il merito torni al centro delle decisioni. Mentre l’estate avanza e la maggior parte del paese si gode il sole e il mare, per i precari della scuola il Ferragosto è un giorno come un altro, segnato dall’attesa. L’attesa di un futuro più certo, di un sistema che li valorizzi per le competenze e gli sforzi, e non per scorciatoie o raccomandazioni. In fondo, la vera vacanza, per loro, sarà il giorno in cui potranno finalmente vedere riconosciuto il loro diritto a un lavoro stabile e dignitoso