La notizia nella notizia. La prima è che Israele è pronto ad agire dopo l’attacco avvenuto nella notte del 13 e 14 aprile. Dove e quando non si sa, e può essere che avvenga fuori dal territorio dell’Iran. Netanyahu è deciso: «L’Iran dovrà aspettare nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele. Risponderemo all’attacco dell’Iran ma lo faremo in maniera saggia e non di pancia». Questa la prima notizia, a seguito della quale l’Iran prova a mettere in guardia Israele. «L’attacco limitato di sabato sera mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte».
La reazione di Israele è la notizia. É la notizia in questo conflitto in cui ad ogni azione corrisponde una reazione, in una escalation che potrebbe alimentare un conflitto regionale. In tutto questo c’è un’altra notizia, non secondaria, ovvero che durante l’attacco del 13 e 14 aprile scorso caccia dell’Arabia saudita e degli Emirati arabi uniti si sono alzati in volo per neutralizzare droni e missili iraniani. Chiaro che la reazione di Israele dipende anche da questo. Una reazione chirurgica, come afferma Netanyahu che pensa di costruire una alleanza strategica con tutta quella parte del Medio Oriente a cui non è gradita la posizione dell’Iran.
L’altra notizia è che il mondo occidentale non si vuole trovare impreparato dinanzi a questa escalation di azioni di guerra che mette in allarme chiunque. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, invita i prefetti a prestare massima attenzione sugli obiettivi sensibili. Si teme soprattutto una reazione dei “lupi solitari”. Il Viminale «procederà a un ricognizione degli obiettivi ritenuti più a rischio, dagli uffici diplomatici fino alle sedi di associazioni o comunità legate a Teheran. Contemporaneamente proseguiranno le azioni di intelligence e antiterrorismo, mantenendo aperti i canali di comunicazione con i Paesi arabi non allineati alla politica iraniana». Questo quanto deciso dal comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza.
Un’altra notizia giunge dall’Italia, dalla massima carica istituzionale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione dei 75 anni della Nato, afferma che l’Europa è pronta ad avere una difesa comune. Un’affermazione che suona come un suggerimento al prossimo Parlamento europeo e ai rappresentanti italiani, ovvero lavorare per avere un commissario europeo alla difesa. In questo l’Italia si potrebbe fare portavoce dell’invito del presidente della Repubblica.
Questo dopo il voto di giugno, ovviamente. Nell’immediato l’Italia è tra quei pochi paesi ad avere un ruolo determinante per tentare la soluzione diplomatica al conflitto e fermare l’escalation in atto, proprio per gli ottimi rapporti che ha sia con l’Iran che con Israele. Ed è proprio la via diplomatica quella da seguire, per come sostiene il capo del governo, Giorgia Meloni, la quale si mostra preoccupata ma con «lucidità». Per poi aggiungere «bisogna far parlare la diplomazia». L’Italia in questo momento ha una posizione strategica in quel percorso diplomatico che deve necessariamente fermare questa escalation che porta le parti in causa a rispondere, perché ad ogni azione corrisponde una reazione.