Sul quotidiano filogovernativo “La Verità” in prima pagina ieri domenica 6 ottobre faceva bella mostra di sé, un titolo che rappresenta la bandiera del pensiero portante della coalizione che governa il nostro Paese: “La vendetta della realtà – Anche l’Eni rottama l’era del Green”. Il pezzo a firma di Maurizio Belpietroincarna trionfalmente quello che ha in mente la compagine politica che gli italiani hanno scelto per governare l’Italia. Ora, diventa palese come la realtà possa essere diversa a seconda da dove la si osservi. L’articolo riferisce dell’intervento di Claudio Descalzi, Amministratore delegato di Eni in occasione della Giornata dell’Economia, organizzata da Forza Italia a Milano ed è ripreso il anche dal Sole 24 ore on line. «L’automotive?» ha dichiarato l’amministratore di Eni «Scelte insulse, la stupidità ci sta uccidendo sulla base di ideologie ridicole dettate da una minoranza». Descalzi ha messo nel mirino l’auto elettrica, bocciando la transizione energetica voluta da Bruxelles in tema di mobilità. «Non voglio essere anti europeo, ma neanche stupido» ha esordito «perché di stupidità si può morire». Il riferimento è alle regole imposte dalla Ue, «dettate da una minoranza sulla base di ideologie ridicole» che, secondo Descalzi, rischiano di condannare l’industria del Vecchio continente a un lento declino. «Siamo costretti a subire, a digerirle chinando il capo, ma questo equivale a morire lentamente». Poi il direttore Belpietro prosegue con il tono cameratesco della serie “Onore all’amministratore delegato della più grande azienda (…) che dice quello che pensa ogni imprenditore” – ed aggiunge – “È un segnale pure per Confindustria, che ribalta la rotta con Orsini e sterza sul nucleare”.
Belpietro poi prosegue «Sappiamo tutti che le auto elettriche non possono soddisfare le esigenze di una normale famiglia, perché costituiscono le moderne brioche che la regina Maria Antonietta offrì come soluzione al popolo francese, affamato perché non aveva soldi per comprarsi il pane. Però nessuno si azzarda a dire quello che ha detto ieri Descalzi, preferendo non contrastare le pericolose ideologie di un’agguerrita minoranza di sinistra. L’amministratore delegato dell’Eni, uscendo allo scoperto, ha definito le decisioni europee «insulse e ridicole» e neanche io, che da tempo critico la deriva europea in materia di ambientalismo, avrei saputo dirlo meglio.»
Nel leggere questi contenuti così vibratamente liberatori per chi li ha voluti trasmettere con tanta enfasi, mi vengono in mente le parole del premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz a proposito di questo sistema che “continua ad impedire che gli interessi dei privati possano coincidere con quelli della collettività e mette al primo posto le ragioni del denaro che sono più forti rispetto alle necessità delle persone. Lanciati in una irrefrenabile corsa al benessere senza curarsi delle conseguenze, dalla lussuosa suite di un albergo si possono imporre con assoluta imperturbabilità politiche che distruggeranno la vita di molte persone, ma la cosa lascia tutti piuttosto indifferenti, perché nessuno le conosce”. La filosofia del profitto ad ogni costo sta presentando il conto, ma lontano dalle lussuose stanze degli hotel di Las Vegas o dalla sede Eni Spa di San Donato Milanese, dove Descalzi non viene offeso dalla fastidiosa visione dei malati oncologici di Crotone, ben lontano da questa nostra realtà, dove si muore. La sua Eni non ignora, si badi bene, le drammatiche conseguenze della sua politica nazionale e internazionale, ma che se ne infischia alla grande e anzi, manovra, condiziona e corrompe pur di realizzare maggiori profitti e più goal. In Calabria ne sappiamo qualcosa con la grave situazione che vive Crotone, con i rifiuti tossici e radioattivi che Eni Rewind sta continuando a lasciare nonostante i cittadini della città pitagorica siano più esposti a malattie e a morte, non di stupidità, ma a causa dell’inquinamento ambientale.
La Calabria è finita anch’essa nel flusso di una corrente di pensiero, di un sistema che si fonda sulla subordinazione della natura, umana ed extra-umana, alle necessità della produzione e all’accumulazione di ricchezza a prescindere dagli effetti collaterali, fedele al principio «non chiederti dove vanno a finire i resti indesiderati del tuo benessere». Un sistema che adotta come vangelo il profitto e la crescita degli utili di pochi che sta avvenendo a spese delle disuguaglianze. Una corsa sfrenata verso il tornaconto che carica sui singoli la colpa di essere poveri, subalterni o malati. Altro che brioches di Maria Antonietta, Descalzi con le sue esternazioni toglie ogni dubbio:
siamo nel Wastocene, nell’era degli scarti, e nella sua discarica non sono finiti solo rifiuti, ma anche territori, esseri umani che il sistema pone ai margini della società. Comunità deboli che sopportano i disagi, scansati dai fruitori del benessere. In Calabria siamo già considerati una discarica “socio-ecologica”. Forse siamo anche noi stupidi, ma non vogliamo sentircelo dire.
“Tutto ciò che in questo momento rappresenta simbolicamente la periferia della società sta subendo il più massiccio attacco mai registratosi nella storia recente del nostro Paese.” Scriveva IsaiaSales in un suo pezzo il 2 agosto 2023 – “Una vera e propria ‘guerra alle periferie’ fisiche e urbane dell’Italia, ma anche a tutte le persone che avrebbero bisogno di supporto delle autorità pubbliche, in particolare dello Stato centrale, e che invece si trovano non solo a non essere sostenute ma addirittura additate come scellerate, etichettate come mangiapane a tradimento, bollate come artefici della loro situazione a cui per punizione viene negato il sostegno e, soprattutto, il diritto all’attenzione. È stato quasi introdotto un nuovo reato, come si faceva con i vagabondi delle città dell’Ottocento: il reato di non autosufficienza (o di precarietà) da scontare con la pena del taglio dei sussidi e con l’indifferenza.”
Così il Descalzi pensiero apre un faro su dove vuole andare il Paese affascinato dalla determinazione della bionda Primo Ministro in splendidi tailleurs color cipria, con la sua orda di imprenditori senza scrupoli che davanti alle conseguenze quotidiane del filo logico della crescita economica dicono “me ne frego!”
“Le case automobilistiche e ovviamente le imprese petrolifere assecondano le richieste del mercato non preoccupandosi delle conseguenze sull’ambiente. Sono là per fare soldi e hanno più interesse a fare la cosa sbagliata che quella giusta. Siamo iscritti in un paradigma che sancisce che nell’Economia la moralità non entra mai in gioco. Al primo posto le grandi aziende pongono la responsabilità verso i propri azionisti, pertanto devono fare qualsiasi cosa pur di aumentare i profitti. Ma, l’esperienza sinora ha insegnato che gli interessi non coincidono quasi mai con benefici sociali e con il benessere della società civile” – dichiara Stiglitz – “L’economia moderna ha dimostrato che il benessere sociale non aumenta se le imprese si preoccupano solo di incrementare i loro profitti. Perché l’economia raggiunga l’efficienza, le grandi imprese devono valutare in che modo le loro azioni si ripercuotono sui lavoratori, sull’ambiente e sulle comunità in cui operano.” Raffinare il petrolio o produrre energia elettrica senza inquinare l’atmosfera è molto più costoso, così come costa di più smaltire le scorie o estrarre minerali senza inquinare le falde acquifere. “Senza leggi da rispettare e pressioni della società civile, le aziende non hanno alcun incentivo a tutelare l’ambiente a sufficienza; anzi hanno tutto l’interesse a saccheggiarlo se questo le fa risparmiare – prosegue il premio Nobel – Le tangenti e la corruzione sono un altro terreno in cui gli interessi privati e quelli della collettività si scontrano. Le compagnie minerarie e petrolifere riescono spesso a ridurre il costo di acquisto delle risorse naturali corrompendo i funzionari pubblici che si occupano delle concessioni. Costa molto meno allungare ad un funzionario pubblico una bustarella, anche sostanziosa, che non pagare il prezzo di mercato per acquisire i diritti di sfruttamento del petrolio o di un’altra risorsa naturale. In pratica le aziende in molti settori ricorrono alle tangenti per procurarsi ogni genere di favore come la protezione dalla concorrenza esterna e che consente loro di alzare i prezzi oppure una certa indulgenza in caso di violazione delle normative di sicurezza o salvaguardia ambientale. Quando il guadagno previsto supera i rischi e i costi di essere scoperti, le moderne corporation con una filosofia totalmente amorale pensano di avere quasi il dovere di ricorrere alla corruzione perché è un modo per aumentare i profitti societari e guadagno degli azionisti. È un vero peccato che sia illegale!”
Ora, essere green non vuol dire propendere ad ogni costo per l’auto elettrica. È vero che in molti la guardiamo ancora con diffidenza a causa della durata e dello smaltimento delle batterie, a causa dei costi iniziali; ma prendiamo atto che almeno si stia tentando di dare una risposta alternativa ai combustibili fossili della cui ricerca ed estrazione l’Eni è una delle protagoniste. Non per niente Eni ha in corso un ampliamento dei settori d’investimento, come quello dello smaltimento dei rifiuti destinato a crescere ad libitum. Ha una visione quasi vaticana, che travalica il tempo. Guarda lontano a quando i pozzi o non erogheranno o non serviranno più e diversifica per continuare ad esistere, a comandare, a condizionare leadership di Stati a plasmare Governi. Essere green significa innanzitutto non essere indifferenti ai problemi degli altri. Non condannare una città a diventare una discarica di veleni perché costerebbe tanto trasportarli là dove ci sono tecnologie idonee e sanno come trattarli.
Essere green significa non nascondere le tragedie dietro alle feste di piazza.
Significa innanzitutto non essere né corrotti né corruttori.