Tra le aberrazioni dei nostri tempi va annoverata certamente la professione del debunker (termine inglese che in italiano sta per sbufalatore, demistificatore o disingannatore, vale a dire una persona che mette in dubbio o smaschera ciarlatanerie, bufale, dichiarazioni o notizie false, iperboliche, antiscientifiche o tendenziose).
Dal Covid in poi i debunker si sono conquistati un ruolo di primo piano nella lotta al contrasto delle fake news, finendo per collaborare con movimenti, partiti, esponenti politici e giornalisti ed entrando persino nelle task force atte allo smascheramento della disinformazione online. Nel nostro Paese, approfittando del periodo di emergenza sanitaria, alcuni “sbufalatori” si sono addirittura ritrovati nella Commissione parlamentare sulle fake news, istituzione assurda che solo in Italia potevamo inventarci, la quale, aldilà dei proclami ufficiali, non aveva certo l’obiettivo di garantire un’informazione migliore, ma piuttosto quello di creare un’informazione certificata, di modo che i lettori avessero accesso alle notizie bollinate dai presunti “professionisti dell’informazione”.
Alla stregua di un pacco di biscotti (“Non contiene olio di palma”) i giornali, secondo lor signori, si sarebbero dovuti trovare applicato un bollino con la scritta: “Non contiene fake news”.
Il disegno è chiaro: rendere affidabile esclusivamente l’informazione mainstream, eliminando dal dibattito e dalla rete l’informazione indipendente e alternativa. In Italia campione di questo turpe giuoco è l’ineffabile David Puente, debunker braccio armato di Enrico Mentana che inopinatamente gode di stima smisurata, ma ha fatto del suo Open il sepolcro imbiancato dell’informazione.
Capirete bene che i debunker piuttosto che cercare in modo obiettivo la verità e la verifica dei fatti, si accaniscono contro i “disallineati”, cioè coloro che si pongono in modo alternativo rispetto al pensiero unico e al vangelo dei media leader del mercato. I primi ad essere colpiti sono i personaggi controversi, diremmo i casi limite, che tendono a polarizzare e a dividere e che difficilmente troveranno solidarietà nella massa, per andare via via ad allargare il proprio raggio di azione. Principali obiettivi dei debunker sono naturalmente i giornalisti, gli opinionisti e i blogger indipendenti: l’azione di verifica, infatti, non si concentra sull’informazione in generale, ma su quella alternativa (e quindi libera), puntando a screditarla e a liquidarla come una congerie di fandonie; naturalmente le fake news dei media mainstream (che poi sono le più pericolose) vengono accuratamente preservate e protette.
Scopo, nemmeno tanto sotteso, di questa operazione è la legittimazione morale della censura: si sta cercando, praticamente, di giustificare agli occhi dell’opinione pubblica una sorta di “censura costruttiva” col falso scopo di tutelare la collettività dalla minaccia della disinformazione, giungendo così a oscurare sempre più pagine social, video, siti e blog di pensatori scomodi.
Franco Arcidiaco