di Paolo Becchi*
Il Movimento 5 Stelle era nato come una promessa di cambiamento, ora con Giuseppe Conte rischia di diventare un partitino da numeri da prefisso telefonico alla sinistra del Pd. Ma quello spazio peraltro è già occupato da un altro partitino. Il rischio dunque è l’estinzione e allora tutte le ultime manovre non saranno servite proprio a nulla
Dopo Silvio Berlusconi la vera novità politica in Italia è arrivata con Gianroberto Casaleggio . L’uomo della televisione era stato sostituito dall’uomo della rete. E, credetemi, Berlusconi sapeva nel 2013 che lui ormai era il passato, mentre Casaleggio il futuro. Il medium è il messaggio. Ma Casaleggio da solo, con il carattere che aveva, non ce l’avrebbe mai fatta in politica: da qui l’incontro con Beppe Grillo e da allora Grillo capì che i computer non servivano solo per essere presi a martellate durante uno spettacolino. Nasce così una coppia perfetta che sa unire la rete e la piazza. Uno il Mazzini e l’altro il Garibaldi del nuovo Risorgimento italiano.
L’idea guida: la politica non è una professione, anche la cuoca di Lenin, può sedere in Parlamento o andare al governo. Ma ci deve stare per poco. Due mandati al massimo e poi torna a fare la cuoca. Non c’è bisogno di partiti. Ma sì un po’ di democrazia rappresentativa ci vuole, ma con il mandato imperativo e comunque bisogna puntare sulla democrazia diretta, con i referendum senza quorum. Ispiratore fondamentale? Adriano Olivetti , la sua critica ai partiti e l’ordine politico delle comunità. C’era dell’altro ovviamente ma sarebbe lungo parlarne.
Il primo periodo, dopo le elezioni del 2013, è duro e ci sarebbero molte cose da raccontare che nessuno sa, ma è acqua passata. Il tentativo di far cadere in autunno il governo fallisce, perché Berlusconi in realtà non controllava una parte del suo partito. Nel 2014 Casaleggio, già malato di un tumore al cervello, commette un grosso errore strategico e perde le elezioni europee. Non puoi concludere una campagna elettorale peraltro debole inneggiando a Enrico Berlinguer . Nell’ aprile del 2016 muore, e con lui muore il primo MoVimento.
Per la verità le cose sono più complesse ma sintetizzo. Casaleggio muore in famiglia ma politicamente in solitudine: con Grillo i rapporti si erano molto raffreddati. Casaleggio in punto di morte fonda con il figlio Davide l’ Associazione Rousseau , perché ha paura che Grillo deragli dalle linee progettuali del MoVimento. Luigi Di Maio è più furbo di tutti gli altri e si accorda con Davide. Grillo fa il passo di lato. Resta come garante ma si defila. Nasce il nuovo MoVimento guidato da Di Maio con il sostegno di Casaleggio jr, fondatore insieme a lui della nuova associazione (mentre Grillo resta a guardare accontentandosi della regalia del ruolo nobile – e senza rischi – di Garante).
Elezioni 2018, la vittoria, ma i voti non bastano, nasce il governo giallo verde ma i “due ragazzi” commettono un tragico errore: quello di mettere alla guida del governo un terzo credendo di controllarlo; mentre sin dall’inizio l’“avvocato del popolo” aveva cominciato a tessere la sua tela. Salvini cade nella trappola, che lui stesso aveva preparato, e invece di far saltare il governo e andare a elezioni sarà proprio lui a saltare. Mattarella è stato molto abile e ha chiuso la partita.
Finisce il governo giallo-verde e di fatto inizia la carriera politica di Giuseppe Conte che a questo punto ha un unico obiettivo: trasformare il partito di Grillo nel suo partito, nel partito di Conte. Ma ha tre ostacoli davanti: Casaleggio jr, che rappresenta la continuità del MoVimento, Di Maio che incarna il suo volto istituzionale e Grillo il padre-padrone fondatore. Far fuori tutti e tre insieme era impossibile ed ecco allora l’idea di farli fuori uno alla volta. Per prima cosa bisogna tenersi buono Grillo e “cointeressarlo” prosaicamente ai destini del partito, per l’amor di Dio tutto regolare, è il modo migliore. Con un colpo di genio, il suo alter ego Vito Crimi – passato convintamente all’ala contiana insieme ai colonnelli che ormai mal sopportavano il figlio di Gianroberto – mette alla porta Casaleggio jr., a Di Maio non resta che fare una mini-scissione. Ma non si può lasciare il lavoro a metà: e ora tocca a Grillo.
Non ha più bisogno di pagarlo, non gli serve più. Del resto a quanto pare, titolarità di nome e simbolo – che gli erano garantiti da una sentenza della Corte d’appello di Genova- Grillo se li è già giocati e allora è giusto il momento per il colpo di grazia. Ok, il delitto è perfetto. Ma per fare che cosa? Un partitino da numeri da prefisso telefonico alla sinistra del Pd? Ma quello spazio è già occupato peraltro da un altro partitino. Il rischio per Conte è l’estinzione e allora tutte queste manovre non saranno servite proprio a nulla. Io, che sono stato considerato per un po’ l’“ideologo” del MoVimento, mi auguro solo una cosa, che Grillo nato da un V-Day esca di scena e che Conte cambi il nome e il simbolo. Il M5S è stato solo un veloce raggio di sole nel regno delle tenebre. E così lo voglio ricordare.
*Filosofo e opinionista
Da un editoriale per “Il Sole24 ore”