giovedì, 16 Gennaio 2025

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L’Autonomia differenziata distruggerà lo Stato sovrano

Si realizzerà non il federalismo cooperativo, liberale e solidale ma un confederalismo del "Grande Nord" che farà svanire la solidarietà prevista con il fondo perequativo previsto dal 119, terzo comma. In sintesi, una “Piccola Italia" non ancora confederale ma, certamente, sempre più lontana dal vagheggiato federalismo, con una babele di legge che renderà ingovernabile l’economia e il declino dell’Italia

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Pubblichiamo questa analisi inchiesta di Carlo Ranieri* sull’autonomia differenziata. E ci farebbe molto piacere che si aprisse un dibattito vero sui contenuti. Questa legge procedurale (rinforzata, non emendabile, ne soggetta a referendum, modificabile soltanto con la volontà delle due parti) trasferisce sovranità dalla Stato alle Regioni. Non sarà più lo Stato ad essere sovrano ma saranno le Regioni ad essere sovrane o il cosiddetto grande Nord. Ma la classe politica che governa si è posta la domanda di quale sovranità resterà all’esecutivo? Quando non avrà poteri nelle regioni frutto d’intese!

Una legge-quadro procedurale irrazionale “folle” che è frutto cogente del declino del Nord, motivata non da efficienza e benessere della collettività, ma dalla volontà di attribuire più poteri e risorse a politici, amministratori e burocrati locali, in particolare delle regioni più ricche al fine di essere rieletti.

Di fatto il disegno delineato e quello di creare “l’Autonomia dei due tempi”, che metterà mano a quasi obbligati assestamenti territoriali perfettamente costituzionali ai sensi dell’articolo 117 comma 8 del Titolo V, che in perfetta – non casuale – complementarità al 116 comma 3, recita: “…” La legge regionale ratifica le intese delle Regioni con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni

Si realizzerà non il federalismo cooperativo, liberale e solidale ma un confederalismo del “Grande Nord” che farà svanire il fondo perequativo previsto dal 119, terzo comma. In sintesi, una “Piccola Italia” non ancora confederale ma, certamente, sempre più lontana dal vagheggiato federalismo, con una babele di legge che renderà ingovernabile l’economia e il declino dell’Italia.

Uno stato sovrano ridimensionato spalanca le porte a una simmetrica precisa evoluzione, in virtù della quale ogni Regione “autonoma e sovrana” non realizza affatto la “secessione” bensì – piuttosto – “incarna” la forma di Stato senza vestirne i panni, e senza doverne assumere gli oneri (a partire dalla presa in carico delle quote di debito pubblico) che resterà sulle spalle di tutte le Regioni. Se volessero il decentramento lo dovrebbero finanziare con nuove risorse regionali, senza intaccare il residuo fiscale che viene ridistribuito quale fondo perequativo nazionale ai sensi del terzo comma del 119 cost.

A questo disegno nordista di contraltare potrebbe esserci la reazione del Sud ad oggi la più grande area di sottosviluppo d’Europa ed il più grande mercato del Nord, creando un “grande sud” come unica via d’uscita al cospicuo taglio di risorse (verrebbero meno il fondo perequativo interregionale e nazionale).

Il reddito medio delle regioni del Nord Italia è da circa venti anni in netta discesa rispetto alle Regioni del Nord Europa e tutto ciò porterà un Nord in declino, con un forte divario in ribasso rispetto al reddito medio mensile del Nord Europa 43.500, Lombardia 1.9.950 e Calabria 16.300.

I governatori del Nord probabilmente s’illudono di coprire i divari affossando il sud, ma impoveriranno solo se stessi, di fatto aumenterà a dismisura il già abbondante divario con le regioni del loro nord.

L’illusione della classe politica del “Grande Nord” in forte crisi (basta vedere i dati macroeconomici) di essere protagonista del mondo della globalizzazione è solo una chimera. L’economia italiana non è fondamentale nel mercato europeo e mondiale, ma è solo parte di un sistema quale sub fornitore di beni di lusso. L’Italia sta scivolando verso la povertà e non per colpa del Mezzogiorno, non è il commercio estero a sostenere il Nord, ma quello meridionale, che sarà distrutto da un’autonomia differenziata, concorrenziale e asimmetrica.

MATERIE O AMBITO DÌ MATERIE CHE SARANNO FRUTTO D’INTESE

  • le materie devolvibili ai sensi dell’art.  116 terzo comma sono 23;
  • il comma 3 dell’art. 3 del DDL ha previsto per 14 materie la definizione dei LEP (escludendone 9), trasferibili ai sensi dell’art. 4 comma 2, più la Sanità dove esistono già i Lep definiti LEA

I LEP recita la Corte Costituzionale “indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché «il nucleo invalicabile di garanzie minime» per rendere effettivi tali diritti” (Sentenza 220/2021), che una volta identificato con norme non può essere  finanziariamente condizionato (Sentenza 142/2021). La determinazione dei LEP è annoverata tra le materie a legislazione esclusiva dello Stato e a loro tutela, a prescindere dai confini territoriali dei governi locali, possono essere attivati i poteri sostitutivi previsti dall’articolo 120 della Costituzione. Senza ulteriori spese, vietate dall’art. 9 DDL e dall’art. 81 Costituzioni “3. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.” Sarà impossibile determinare i LEP, ad oggi non è prevista nessuna fonte di finanziamento (vi è anche un patto di stabilità europeo da rispettare), ne viene quantificata la spesa.

L’articolo 4 comma 2 prevede fin da ora la possibilità di formulare intese nelle materie concorrenti NO LEP. Le materie o ambiti di materie vengono trasferiti subito (appena la legge entra in vigore) “quasi al buio” con intese (Governo – Regioni), attraverso una legge rafforzata che non è emendabile, non soggetta a referendum e di fatto irrevocabile “senza il consenso delle due parti “.

Il trasferimento delle materie avviene “nei limiti delle risorse previste a legislazioni vigenti”, quindi costituzionalizza di fatto la spesa storica sulle materie devolute bypassando il dettato della L. 42/2009 che è l’attuazione del 119.

I veri obiettivi dell’AD sono le nove materie no LEP (art. 3, comma 3 del DDL).

  1. l’organizzazione della giustizia di pace (lettera l art. 116 3c. e 117 c.2) la protezione civile;
  2. la previdenza complementare e integrativa;
  3. professioni (modificate dalla L. Cost. n. 1/2022);
  4. protezione civile
  5. rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni;
  6. commercio con l’estero;
  7. coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
  8. valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;
  9. casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

Nel campo “tutela della salute” dove i LEP sono già stati definiti come  LEA e dove esistono già ventuno diversi SSR (Servizi Sanitari Regionali).

  1. Rimuovere i vincoli di spesa del personale;
  2. Regolamentare l’accesso alle scuole di specializzazione e le borse di studio. Introdurre contratti di formazione lavoro per i medici, il loro inserimento nelle attività assistenziali, il loro accesso alle scuole di specialità;
  3. Stabilire il sistema tariffario di rimborso, renumerazione e compartecipazione per i residenti;
  4. Stabilire il sistema di “governance” con riferimento  alle forme integrazione ospedale-territorio;
  5. Decidere l’inserimento di farmaci nei prontuari terapeutici a carico della Regione dell’equivalenza terapeutica, in caso di latitanza dell’Agenzia Italiana del Farmaco;
  6. Stabilire la introduzione diretta dei farmaci, tramite farmacie ospedaliere e di comunità a pazienti dimessi ed in cura da parte dei servizi distrettuali;
  7. Assicurare interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico in un quadro pluriennale certo di risorse;
  8. Istituzione  e gestione dei fondi sanitari integrativi da parte delle Regione (CCDI)….  in questo modo al personale sanitario oltre allo stipendio tabellare nazionale si potrà erogare un altro stipendio quale contrattazione decentrata, che provocherà la spoliazione del personale sanitario del Mezzogiorno d’Italia verso chi paga di più.

Il giudizio complessivo sul DDL C.1665 è di una disciplina confusa  e contraddittoria, non richiesta dalla Costituzione, per cui non è qualificabile come costituzionalmente necessaria. La normativa  presenta un quadro di regole in parte superflue e d’indubbia legittimità costituzionale.

Sarebbe auspicabile una totale bocciatura alla camera dei deputati dov’è calendarizzata il 9 aprile p.v.. A meno che la miopia politica dei deputati del sud non antepone (come hanno fatto i 45 senatori) il vincolo di partito al vincolo territoriale, ma in questo caso subiranno gravi conseguenze politiche, per avere ampliato le diseguaglianze socio-economico del Mezzogiorno d’Italia in particolar modo nel campo sanitario e scolastico dove diversi programmi regionali, renderanno il titolo di studio inservibile a livello nazionale ma utile solo a livello regionale.

*funzionario regione Calabria in pensione

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