Premesso che i costituenti (provenendo dal modello di Stato accentratore dell’era fascista), hanno voluto anteporre il principio di eguaglianza e solidarietà a quello mercantile (vedi la nascita dell’UE) dove con l’art. 5 la Repubblica nella sua unità riconosce il principio del decentramento e dell’autonomia solidale e non certamente una differenziazione maccheronica e arlecchina, per come disegnata dal C. 1665 DDL Calderoli.
Si osserva che, leggendo gli atti preparatori dell’Assemblea costituente, le autonomie regionali sono nate per due motivi:
- democratizzare il sistema con la perequazione territoriale (al fine di aiutare le aree più svantaggiate);
- risolvere la questione meridionale, favorendo la nascita di una nuova classe dirigente del Mezzogiorno (che a differenza del Nord era nata con la Resistenza).
Ciò premesso, si paventa un disastro demografico che farà scivolare l’Italia ancora di più in retrocessione, parte del nord ha retto (al calo demografico) e alla necessità di manodopera con l’emigrazione del Sud dagli anni 50 a seguire, in un contesto (anni 50 – 60) di un generazione giovane e in continua crescita e con l’immissione da qualche decennio d’immigrati quale manodopera a scarso valore aggiunto.
In Italia l’invecchiamento è costante, il calo delle nascite inizia dal 1980 e non si risolve con una continua emigrazione, la generazione più numerosa è quella nata nel 1964 (che ha 60 anni) e in atto sono 977.000 persone, attive che reggono parte dell’economia italiana, provocando la sensazione che siamo un paese forte (ma nei prossimi sette anni andranno in pensione) e chi dovrà sostituirli i quindicenni di oggi sono ben 400.000 in meno cioè 577.000, solo il 60% di quelli che cesseranno dal lavoro.
I recenti dati ISTAT dicono che i quindicenni scenderanno ancora di 200.000 unità nei prossimi anni. Da considerare inoltre a differenza degli anni del boom economico, oggi molti giovani preferiscono emigrare all’estero (il costo del lavoro in Italia è il più basso d’Europa), tra il 2000 e il 2022 hanno scelto di lavorare all’estero quasi 180mila professionisti della sanità tra cui ( circa 131mila medici e circa 48mila infermieri.
In 4 regioni situazione irreversibile sul piano demografico
In quattro Regioni italiane: Calabria, Molise, Sicilia e Sardegna, vi è una situazione quasi irreversibile dal punto di vista demografico ed economico, ormai una situazione di non ritorno, dove giovani e anziani emigrano a migliaia. Con l’autonomia differenziata tutto ciò si aggraverà, nelle regioni oggetto d’intese: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e le altre che le hanno avviato l’iter come Piemonte, Liguria, Toscana, Lazio, ci saranno salari più alti, migliori occasione di vita, lavoro e servizi, che determineranno un massiccio trasferimento di popolazione dal Sud verso quelle regioni d’interi nuclei familiari (compresi gli anziani per motivi di cure), in una situazione di non ritorno.
Il segnale è già forte qua non si riesce a vivere, andiamo via per il bene di tutta la famiglia, i motivi sono sempre gli stessi: studio lavoro e salute. Ma tutto ciò tamponerà a breve temine i problemi del Nord, ma non risolverà a lungo.
Si delinea una nazione, l’Italia, con un fortissimo squilibrio demografico ed economico, dove per esempio, se oggi il capo del personale di un’azienda perde un laureato perché si trasferisce fuori Italia, sa che ne troverà altri quattro nel Sud (dati ISTAT), quindi continuerà a pagarli poco e non ci sono segnali di inversione di rotta verso la crescita del salario. Si nota che, in tutte le regioni comprese quelle più ricche come Lombardia, Trentino, Veneto i laureati sono sottopagati ed il bilancio tra chi entra e chi esce è in rosso, al giovane laureato meridionale emigrato, poco importa se lavora al nord Italia o all’estero, qualora non può vivere nella propria terra, cerca le migliori condizioni di vita. Tutto ciò sta provocando una continua spoliazione del personale più qualificato verso paesi dove la paga è più remunerativa dalla Spagna all’Inghilterra, passando dalla Germania, Belgio, Olanda, Stati Uniti etc…
L’Italia, che dal dopoguerra pensa di tenere nel sottosviluppo il Sud
Un paese l’Italia, che dal dopoguerra pensa di tenere nel sottosviluppo il Sud al fine di stare meglio nel Nord è miope, perché tutta la nazione sta scivolando verso la povertà. La Lombardia è in recessione ventennale rispetto a paesi come: Germania, Belgio, Olanda Danimarca, regioni come la Toscana e il Piemonte vanno verso politiche di transizione con il passaggio da un sistema produttivo intensivo e non sostenibile dal punto di vista dell’impiego delle risorse, a un modello più limitato. Marche e Umbria sono già alle politiche di coesione cercando con fondi extra-regionali di incrementare le opportunità di sviluppo economico e sociale per contribuire a ridurre i divari e le disparità tra i loro territori e le regioni europee, agendo in particolare nelle aree interne meno sviluppate.
L’economia del sottosviluppo voluto nel Sud, provocato da una politica di assenza di vera e sostanziosa perequazione, ne ha determinato il suo declino.
Una recente ricognizione del governo Draghi, proseguita dal Ministro Calderoli (autore della L. 42/2009 sul federalismo fiscale), ha determinato che, l’unica via da perseguire e lo sviluppo accelerato del Mezzogiorno nei Settori: Idrici (depurazione acque) – Istruzione – Sanità e Trasporti, riservando al Sud e nelle Isole l’82,5% di tutti i fondi di perequazione previsti. Il governo però ha disatteso, continuando nella politica miope dei tagli al Mezzogiorno. Nel campo infrastrutturale dei 4,6 miliardi previsti (quale fondo pluriennale d’investimento perequativo), ne sono stati definanziati 3,5 miliardi, i restanti 900 milioni saranno erogati con quote di 100 milioni l’anno a partire dal 2026. Solo se si attua la Costituzione con il principio di eguaglianza, solidarietà e perequazione si possono recuperare i divari civili e sociali nelle aree più svantaggiate sia del Mezzogiorno che in molte zone interne del Nord, facendo crescere la popolazione se c’è lavoro e strutture i figli nascono. Dovrebbero cessare le discriminazioni sulle residenze per avere un futuro insieme, ma l’autonomia differenziata ne disegna un futuro macabro.
*ex funzionario regione Calabria