La guerra è guerra, obbedisce alle sue regole. Regole che spesso vengono disattese dalle parti in conflitto. Quello che vede contrapposti Israele e Palestina non fa eccezioni. L’azione terroristica del 7 ottobre scorso, portata avanti dal gruppo di Hamas con il suo attacco a sorpresa sul territorio israelita, ha legittimato il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ad intervenire. Una azione difensiva che ha trovato il pieno sostegno dell’Occidente. Questo non significa che Netanyahu ha ragione nel suo voler continuare un conflitto che colpisce una popolazione indifesa contro lo strapotere di uno degli eserciti più potenti al mondo.
Netanyahu non è il suo popolo
Intanto non bisogna commettere l’errore di identificare il premier con il suo popolo. Il premier è fortemente contestato anche per le sue azioni militari che superano le norme che legittimano i Paesi a difendersi quando aggrediti. Il gruppo terroristico di Hamas è il “diavolo”, certo, ma non si può dire che Netanyahu sia un “angelo”. In questi anni la sua politica ha portato ad un indebolimento dell’Autorità palestinese, mostrandosi indifferente rispetto agli ingenti finanziamenti da parte di alcuni Paesi del golfo e che sono finiti per rafforzare l’azione militare di Hamas. Una situazione che porta il popolo palestinese ad essere due volte vittima. Vittima di Hamas e della politica del premier israeliano. Netanyahu è stato complice dell’indebolimento dell’Autorità palestinese a vantaggio dei gruppi terroristici. Non è un mistero il fatto che lui si è sempre palesato contrario all’idea di due popoli due stati, l’unica strada perseguibile per giungere a quella pace tanto desiderata. Hamas, certo, è l’unico responsabile di questo ennesimo conflitto che si sta consumando nella Striscia di Gaza. Netanyahu, dal canto suo, può essere considerato se non proprio complice quanto meno corresponsabile di questa situazione, non fosse altro per la sua azione politica di indebolimento dell’Autorità palestinese portata avanti in questi anni del suo premierato e volta a contrastare il progetto di due popoli due stati. L’unico progetto per una pace che non può essere persa.