Il caso “dossieraggi” che sta riempendo le prime pagine dei giornali è in pieno approfondimento. Difficile prevedere che si trovi a breve il bandolo della matassa in un ginepraio dove le dinamiche degli apparati di Stato si incrociano con quelle di un pezzo di Magistratura inquirente. Storie che si compongono e scompongono come le scatole cinesi. Figuriamoci se si arriverà alla verità e semmai ci arriveremo. Storie che spesso finiscono in caciara per non addivenire a nulla, in particolare alle responsabilità, soprattutto quando ci potrebbero essere responsabilità in capo a Magistrati. Basta ritornare indietro al caso Palamara che avrebbe dovuto determinare un terremoto negli assetti dell’ordine giudiziari. E invece niente neanche una scossetta. Anzi colui che avrebbe dovuto determinare il sisma è stato fatto passare per l’unico cattivo o per fesso, l’ex presidente dell’ANM Luca Palamara, il quale proprio sul caso dei dossieraggi qualche giorno fa su Affari Italiani ha ritenuto di dire la sua all’indomani delle audizioni dei magistrati Raffaele Cantone e Giovanni Melillo e del comandante della GdF Andrea De Gennaro.
Luca Palamara, ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura e più giovane presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati ma anche primo caso di un ex membro del CSM radiato dall’ordine giudiziario. Suo, con Alessandro Sallusti, il libro Il Sistema, sui meandri del potere giudiziario italiano, dove si racconta come le nomine e le carriere, all’interno della magistratura, siano spesso il risultato di accordi e compromessi che trascendono i meriti individuali.
Dossieraggi e strumenti di indagine
La vicenda dei dossieraggi si incastra in una problematica più ampia, complessa e, per certi aspetti, inquietante, relativamente agli strumenti investigativi utilizzati nelle indagini non solo dalla DNA ma anche delle varie distrettuali dislocate nel paese. Un capitolo a parte andrebbe sviluppato, per esempio sulle società a cui le Procure affidano i servizi intercettivi e la gestione dei server. Un settore molto appetibile dal punto di vista economico, considerato che in Italia si spendono centinaia di milioni di euro in intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche (troian). E anche oggetto di vari scontri e tensioni tra le Procure territoriali. Tra le aziende leader del settore: la RCS SpA. La società è nota al grande pubblico anche grazie ai libri di Palamara, perché gestiva i famosi troian introdotti nel suo telefono e che, secondo il racconto dell’autore del libro, si accendevano e spegnevano “miracolosamente” ogni qualvolta cambiava l’interlocutore dell’ex presidente dell’ANM. Ci fermiamo qua, di questo argomento ci occuperemo nei prossimi giorni. Ora torniamo alla vicenda dei dossieraggi e alle clamorose dichiarazioni di Luca Palamara ignorate dalla grande stampa.
Dietro i dossieraggi c’è sempre un mandante
“Normalmente dietro c’è sempre un mandante e quantomeno, direi, anche c’è chi in qualche modo è interessato alla conoscenza di queste notizie. -esordisce l’ex presidente dell’ANM- Lo dico per la mia esperienza in quel mondo, tra virgolette, chiamiamolo così, dove girano informazioni riservate, che riguardano non solo la vicenda specifica della Direzione Nazionale Antimafia, ma più in generale, anche gli uffici giudiziari, come sta dimostrando l’indagine di Perugia. Di chi parliamo? -Chiede l’intervistatore a Palamara- Fondamentalmente di tre categorie di persone: in prima battuta i giornalisti, in seconda battuta il mondo dell’imprenditoria, in terzo luogo appartenenti al mondo delle istituzioni, che possono andare da magistrati ad appartenenti pure alla Guardia di Finanza e altre forze di Polizia, che non avendo l’immediata gestione e controllo del dato, non accedono direttamente a quel dato, in qualche modo hanno interesse a conoscerlo… per altre situazioni. Vista l’estensione dei campi toccati, nel caso chiamato dossieraggi, si passa da politici a professionisti dello sport, medici, a dirigenti di secondo grado, legali, c’è di tutto, si è adombrata l’idea di una sorta di mandanti organizzati in un gruppo. In realtà il problema è più diffuso, perché non ha riguardato solo appartenenti al mondo della politica, ci sono stati controlli specifici su determinati personaggi e determinate situazioni.
Uno Stato nello Stato
Ma c’è un Deep State, uno Stato nello Stato che poi fa altre cose? – insiste il giornalista di Affari Italiani- Esiste un Deep State. Esiste un mondo, un luogo nel quale controllare e avere per primi una notizia riservata e questo costituisce un’arma di ricatto. E questo ricatto poi come viene esercitato? -continua Affari Italiani- Questo ricatto viene esercitato, ad esempio, attraverso una pubblicazione su un giornale che in qualche modo fa saltare una nomina nello Stato. Pensiamo a una vicenda su tutte, a quello che accadde per la nomina di Marcello Viola alla Procura di Roma. La pubblicazione di notizie riservate, su La Repubblica e Corriere della Sera, fece saltare la nomina di Marcello Viola a Procuratore di Roma. In questo caso, che stiamo vedendo, determinate notizie che riguardano la segnalazione di operazioni sospette era finalizzata in concomitanza con determinate nomine che riguardavano il mondo della politica, tanto è vero che c’è stata poi una denuncia di Crosetto; quindi, nel Deep State queste notizie servono come strumento per cecchinare.”
I Procuratori nazionali Antimafia sono diventati parlamentari di sinistra.”
Nella storia d’Italia, altre volte è capitato che dei ministri presentassero denunce simili a quella di Crosetto, per rivelazioni sulla loro vita, però non è accaduto nulla. Cosa c’è di diverso oggi, se dovesse dirlo in base alla sua esperienza di tanti anni nelle istituzioni? “Questa volta l’elemento di novità è duplice. In primo luogo, l’accesso a un’imponente banca dati che in qualche modo coinvolge la vita dei cittadini italiani dal punto di vista economico. Quindi questa è una cosa sicuramente forte, di un utilizzo che in parte è stato fatto delle segnalazioni di operazioni sospette. E la seconda è che, siccome la diffusione di queste notizie è cosa determinante e molte delle persone offese hanno appreso di accessi nei loro confronti dalla lettura dei giornali, probabilmente noi saremmo in presenza di un maxiprocesso. Tutti coloro che sono stati vittime di accesso, in qualche modo, dovranno essere informati e avvisati a partecipare al procedimento.” Il meccanismo di controllo oggi mi sembra si eserciti sui dati sensibili alla vita economica delle persone. È un elemento importante rispetto al passato, dove si puntava molto anche su aspetti privati o no? “Direi di sì, è l’effetto più saliente, tanto è vero che anche all’interno della magistratura la gestione di questi dati, la centralizzazione, creò un forte motivo, tra virgolette, di contrasto tra le Procure distrettuali e la Procura nazionale Antimafia. L’accentramento presso la Procura nazionale Antimafia ha posto sicuramente un grande problema, perché noi abbiamo un’unica banca dati, dove si può avere il controllo e che esclude in prima battuta le Procure distrettuali e che pone anche un problema politico, quello che oggi si sta riversando su Cafiero De Raho, sui Procuratori nazionali Antimafia che direi, senza interruzione, sono passati da essere Procuratori nazionali Antimafia a membri del parlamento, in particolar modo di partiti, tra virgolette, di sinistra.”