«Un primo bimestre nero per le morti sul lavoro. A fine febbraio 2024», infatti, «si contano 119 vittime, 19 in più rispetto a fine febbraio 2023. E l’incremento è più che allarmante quando si parla esclusivamente di morti avvenute in occasione di lavoro, +24,7%. Come sempre, poi, oltre ai numeri, ciò che colpisce è l’incidenza di mortalità», che risulta «più elevata tra gli over 65 e, come accade negli ultimi anni, anche il dato relativo all’incidenza di mortalità dei lavoratori stranieri» e ancora il «doppio rispetto agli italiani».
Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro e ambiente “Vega di Mestre”, introduce con questa affermazione l’ultima indagine sull’emergenza, elaborata dal proprio team di esperti.
Secondo i dati forniti dall’Osservatorio a finire in zona rossa per il rischio di morte c’è anche la Calabria, insieme a Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, con una incidenza superiore a +25 % rispetto alla media nazionale.
In zona arancione: Puglia, Sicilia, Campania, Abruzzo e Piemonte. In zona gialla: Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Toscana, Sardegna, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria e Marche. In zona bianca: Umbria, Veneto, Basilicata e Molise.
Lavoratori a rischio infortuni
Anche nel primo bimestre dell’anno l’Osservatorio mestrino elabora l’identikit dei lavoratori più a rischio per fascia d’età. E lo fa sempre attraverso le incidenze di mortalità (per milione di occupati). «L’incidenza più elevata si registra nella fascia dei lavoratori ultrasessantacinquenni (13,4), seguita dalla fascia di lavoratori compresi tra i 55 e i 64 anni (6,5)».
Lavoratori stranieri
E’ la categoria più a rischio di infortunio mortale. «Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro nel mese di febbraio sono 21 su un totale di 91. Con un rischio di morte sul lavoro che risulta essere più del doppio rispetto agli italiani. E infatti gli stranieri registrano 8,8 morti ogni milione di occupati, contro i 3,3 degli italiani che perdono la vita durante il lavoro».
Vittime e infortuni
Sempre secondo i dati diffusi dall’Osservatorio sono «119 le vittime sul lavoro in Italia, delle quali 91 in occasione di lavoro (18 in più rispetto a febbraio 2023: +24,7%) e 28 in itinere (1 in più rispetto a febbraio 2023). Ancora alla Lombardia va la maglia nera per il maggior numero di vittime in occasione di lavoro (17). Seguono: Lazio (8), Trentino-Alto Adige, Piemonte, Emilia-Romagna e Campania (7), Sicilia, Puglia e Toscana (6), Veneto e Calabria (4), Marche, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Liguria e Sardegna (2), Valle d’Aosta e Umbria (1)».
Il settore più colpito
All’inizio del 2024 è sempre il settore delle costruzioni a registrare il maggior numero di decessi in occasione di lavoro. Infatti sono 16». A seguire i settori dei «trasporti e magazzinaggio (9), del commercio e delle attività manifatturiere (7). Anche in questo caso più a rischio sono gli anziani. La fascia d’età numericamente più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro, infatti, è quella tra i 55 e i 64 anni (33 su un totale di 91)».
Per quanto riguarda le donne che hanno perso la vita sul lavoro, secondo i dati, a febbraio ne risultano «4, mentre 5 hanno perso la vita in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro». Per quanto riguarda gli stranieri, poi, quelli deceduti «sul lavoro sono 21, mentre sono 9 quelli deceduti a causa di un infortunio in itinere». Tra i giorni della settimana, quello in cui si registra il maggior numero di infortuni anche mortali, risulta essere il lunedì.
Denunce in crescita
A fronte del dato in aumento di morti e infortuni sul lavoro crescono anche le denunce, che registra un aumento del 7,2% rispetto al dato rilevato nel mese di febbraio dello scorso anno. «Dopo il tragico boom delle denunce di infortunio in tempo di Covid (tra il 2020 e il 2021), tra il 2022 e il 2023 le denunce sono diminuite in modo più che significativo proprio a seguito della fine dell’emergenza sanitaria. Ora, però – sottolinea il presidente Mauro Rossato – le diminuzioni registrati alla fine della pandemia lasciano spazio, purtroppo, ad un nuovo incremento in cui non ci sono più virus a giustificare la preoccupante tendenza, ma solo l’insicurezza sul lavoro nel nostro Paese».