Nel corso della trasmissione Il Fatto in TV, andata in onda su Telemia, il direttore de La Novità online, Pasquale Motta, ha intervistato a tutto campo il senatore Nicola Irto, segretario regionale del Partito Democratico calabrese, che poche ore prima aveva ufficializzato la sua ricandidatura alla guida del partito. Quella di Irto è una candidatura unica, maturata senza contraddittorio interno, ma con l’intenzione dichiarata di rinnovare il partito e aprirlo a una nuova stagione. Il confronto ha toccato temi politici, civili e simbolici: dalle radici spirituali incarnate da Papa Francesco alle emergenze sanitarie, dal caso-Rende al destino delle alleanze in vista delle prossime regionali.
Papa Francesco, la politica e il tempo del bisogno
Motta: Senatore, la sua candidatura incrocia un momento storico per la Chiesa, con la fine del pontificato di Papa Francesco. Che lettura ne dà?
Irto: Ogni Papa ha incarnato la stagione che lo Spirito o la storia gli ha consegnato. Giovanni Paolo II è stato il Papa del Muro di Berlino, Benedetto XVI quello della dottrina, Francesco è stato il Papa della semplicità, dell’empatia, dei drammi degli ultimi. Ha portato la Chiesa tra i carcerati, tra gli scartati, ricordandoci che la politica non può mettere recinti sulla Chiesa. La fede è altro. E questo Papa ha saputo parlare anche a chi non si definisce cattolico.
Il congresso del PD e la solitudine del candidato
Motta: Ma come si concilia l’idea di un partito “aperto” con una candidatura unica come la sua?
Irto: Avrei sinceramente voluto altri candidati. Il regolamento prevedeva la raccolta di 350 firme. Qualcuno ha iniziato, poi si è fermato. Nessuno ha strutturato un’alternativa. Questo mi raddoppia la responsabilità: il confronto dovrà avvenire nei fatti, nei circoli, negli organismi, anche se formalmente non c’è contesa. E invito chi ha mosso critiche, chi ha idee diverse, a partecipare. Non voglio un partito chiuso o allineato. Voglio un partito plurale.
“Chi ha criticato legittimamente in passato, oggi venga a dare una mano. Non in nome della mia linea, ma del Partito Democratico. Apriamo davvero.”
Rende e la rottura con il passato
Motta: A Rende avete detto no a Sandro Principe. Una scelta coraggiosa, ma anche rischiosa. Come la spiega?
Irto: A Sandro Principe, che stimo e con cui ho parlato da amico, avevo chiesto di guidare un processo di rinnovamento, anche indicando un candidato alternativo. Non ha voluto. Abbiamo allora sostenuto il giovane Bilotti, un civico di 31 anni, fuori dai vecchi giochi, con l’obiettivo di costruire classe dirigente. Perché a volte il rinnovamento non arriva: va generato. E non possiamo più permetterci logiche personalistiche o ambigue.
“A Rende abbiamo fatto una scelta civica, non di compromesso. Volevamo discontinuità, non cooptazione.”
Le amministrative e le difficoltà nei territori
Motta: Ma non sempre il PD ha mostrato coerenza. A Corigliano Rossano avete faticato, a Crotone non vi siete presentati…
Irto: A Corigliano Rossano ho imposto che ci fosse la lista del Partito Democratico, perché non è possibile continuare con la diaspora nelle civiche. A Crotone si vota tra un anno: ci stiamo lavorando. Ma il punto è che in molti territori ci sono state resistenze, chiusure, egoismi locali. Su quelli bisogna agire con nettezza. Ricostruire i circoli, ricostruire il senso di comunità politica.
Regionali: “Non un campo largo, ma una grande alleanza calabrese”
Motta: Il vero banco di prova saranno le regionali. Che tipo di alleanza costruirà il PD?
Irto: Non amo il termine “campo largo”. Noi dobbiamo costruire una grande alleanza calabrese, aperta, senza pregiudizi, che parli alla società civile, ai movimenti, alle esperienze civiche. Non possiamo più rinchiuderci in un angolo identitario. Anche chi ha diffidenza verso il PD oggi deve sentirsi accolto, se vuole costruire un’alternativa alla destra.
“Basta pregiudizi, basta minacce. Nessun recinto. Chi vuole costruire un’alternativa è il benvenuto. Tranne fascisti e ‘ndranghetisti, per me possono iscriversi tutti al PD.”
Fondazione Alvaro, scioglimenti e il dovere di una proposta di civiltà
A chiusura dell’intervista, Ilario Amendolia, ospite in studio, pone al senatore Irto una domanda che va oltre la cronaca politica: una riflessione sulla Calabria profonda, sullo Stato, sulla cultura, sulla dignità. Il riferimento è allo scioglimento della Fondazione Corrado Alvaro, decretato dalla Prefettura. “Lo Stato arretra o avanza quando scioglie una fondazione culturale? Non può essere uno Stato che appare abusivo e tiranno”, incalza Amendolia, parlando da uomo che ha vissuto da dentro la sinistra, anche nei suoi silenzi.
Irto raccoglie la provocazione e struttura una risposta articolata in tre punti:
- Sul merito del provvedimento: «Non conosco le carte, non conosco le motivazioni dello scioglimento. Non posso esprimere un giudizio compiuto, ma leggerò tutto e mi informerò».
- Sul ruolo e la visibilità della fondazione: «Da presidente del Consiglio regionale, in cinque anni, non ho mai ricevuto richieste, proposte o comunicazioni dalla Fondazione Alvaro. Altre realtà della Locride e della Calabria si sono mosse, hanno fatto attività culturale. Alvaro è un patrimonio straordinario, ma per contare bisogna anche esserci. Non si può riapparire solo nel momento dell’emergenza».
Alla replica di Amendolia, che ricorda i 60mila euro ottenuti dalla Fondazione tramite istanza e denuncia una marginalizzazione culturale inspiegabile, Irto non si sottrae: «Lo riconosco, da troppo tempo la Fondazione Alvaro era sparita dai radar. E questo è un problema».
- Sullo strumento degli scioglimenti: è qui che Irto allarga lo sguardo e lancia una proposta concreta. «Il meccanismo degli scioglimenti, nati per affrontare emergenze locali, si è trasformato in strumento ordinario. Non riguarda più solo piccoli comuni, ma grandi città. Lo scioglimento colpisce indistintamente, senza una cornice adeguata ai tempi. È il momento di proporre una nuova normativa». E aggiunge: «Il Partito Democratico può e deve farsi carico di una proposta legislativa che restituisca equilibrio, giustizia e civiltà. Non si tratta solo di legalità, ma di dignità democratica».
“Serve una nuova legge sugli scioglimenti. È tempo di una proposta di civiltà. Il PD si impegni a portarla in Parlamento.”
Una stagione da costruire, non da gestire
La ricandidatura di Nicola Irto si muove su un crinale delicato: da un lato la volontà di cambiamento, dall’altro un partito che ancora fatica a mostrarsi plurale e contendibile. Le parole sono chiare, le aperture nette. Ma ora toccherà ai fatti. La vera sfida, come ha detto lo stesso Irto, sarà “tenere insieme la pluralità e saper parlare alla Calabria tutta”. E il tempo per farlo è già cominciato.