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Pan-penalisimo e crisi della democrazia: convegno a Catanzaro sul sistema italiano

Il convegno si terrà domani venerdì 20 settembre alle ore 15.30 presso la Biblioteca Comunale De Nobili

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È il titolo del convegno che si terrà domani venerdì 20 settembre alle ore 15.30 presso la Biblioteca Comunale De Nobili, nel corso del quale le Camere penali di Catanzaro e Bologna, con l’ausilio di illustri relatori, si confronteranno con la giurisdizione, l’accademia, la politica e la società civile sugli effetti prodotti dall’espansione incontrollata del diritto penale, oramai definito dagli studiosi – non a caso – “massimo” e “no limits”.L’aumento dei delitti e delle pene, l’anticipazione della soglia punitiva, la dimensione carcerocentrica dell’esecuzione penale, l’allargamento del campo di azione delle misure di prevenzione, rappresentano alcune delle caratteristiche che si riscontrano nelle innovazioni legislative che, nel corso degli ultimi decenni, hanno riguardato il sistema penale attuale. Nonostante il forte spirare del vento punitivo in direzione opposta e contraria rispetto al paradigma garantista di matrice liberale, questo sovradosaggio autoritario non ci ha reso più sicuri, ma solo meno liberi. Chi si occupa della materia, sa bene che il diritto penale è come un farmaco, medicina o veleno secondo le dosi e l’uso che se ne fa.Nella moderna società emotiva, lo Stato ha deciso di somministrare il farmakon del penale in dosi sempre maggiori. Di regolare le povertà del nostro tempo non più ricorrendo a politiche sociali ed economiche, ma percorrendo la più comoda politica securitaria, uno slogan ingannevole e a costo zero adatto ad ogni stagione per recuperare l’autorità perduta e l’impronta protettiva agli occhi dei cittadini. In questo nuovo modello regolatore dei rapporti tra autorità e libertà, non c’è più spazio per il perseguimento dell’uguaglianza sostanziale, auspicata dai costituenti. La politica ha posto tra i propri obiettivi primari, non il sostegno, ma la criminalizzazione degli scarti della società. Un sovradosaggio farmacologico che produce effetti tossici, come ci restituisce la triste contabilità sulla popolazione detenuta. Il carcere, infatti, figlio del diritto penale simbolico, è diventato sempre più una pattumiera sociale, una discarica nella quale confluiscono i rifiuti umani del nostro tempo: tossicodipendenti, malati psichiatrici, migranti, soggetti economicamente in stato di povertà. Al ritmo di 400 ingressi al mese, le celle sono stracolme e il tasso di sovraffollamento continua a crescere, e con esso il numero dei detenuti che hanno deciso di togliersi la vita.

Dall’inizio dell’anno si sono registrati 71 suicidi tra la popolazione detenuta, cifra record.Il sostegno sociale agli ultimi e ai disperati della storia è quindi regolato con l’edilizia penitenziaria. Spendendo male (è illusorio pensare che i tossicodipendenti e i malati psichiatrici possano essere “curati” in carcere) e di più (un detenuto costa allo stato 150 euro al giorno, per vivere, tra l’altro, in condizioni a dir poco fatiscenti, disumane e degradanti). Secondo l’ultimo rapporto Istat sono 5,6 milioni le persone in condizioni di povertà assoluta in Italia, pari a 9,7 % della popolazione. Di fronte a questi nuovi poveri, emarginati e disperati della storia, alcuni dei quali in fuga da fame, guerra e regimi violenti ed irrispettosi dei diritti umani, pensare di allestire il campo della terapia intensiva del sistema penale, non solo si rivela una risposta errata nella diagnosi e tossica nella cura, ma significa dichiarare il fallimento della nostra democrazia. Una società che si voglia ritenere civile e fondata su valori liberali di matrice illuministica non può assistere supinamente a questa deriva, che sembra inarrestabile, ma ha il dovere di reagire. Di contrastare la narrativa mainstream e di denunciare lo stato di cose e l’abuso del potere punitivo dello Stato. Di introdurre questi temi nel discorso pubblico e fare appello alla ragione collettiva (spesso anestetizzata da pulsioni emotive), per alimentare costantemente un dibattito franco e onesto, nella consapevolezza che i principi costitutivi del nostro patto sociale siano più ignorati che reietti, più fraintesi che consapevolmente avversati, come puntualmente è confermato dalla quotidiana esperienza professionale dell’avvocato, ogni qual volta il cittadino sperimenta sulla propria pelle la forza indispensabile e salvifica dei diritti e delle garanzie.

Domani cercheremo, quindi, di ragionare sul rapporto tra “pan-penalismo” e “tenuta della democrazia” con tutti gli attori interessati al funzionamento del sistema penale, nella convinzione che un diverso volto, più umano, dello Stato sia possibile e doveroso, e nella certezza che la qualità e la salute delle nostre libertà e del nostro vivere civile siano temi che stanno a cuore a tutti. Nessuno escluso.

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