martedì, 10 Settembre 2024

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Raids di massa in Cisgiordania. Il piano di Netanyahu

Intanto, a Bruxelles si propone l'applicazione di sanzioni per i messaggi di odio contro i palestinesi

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L’assedio di Jenin peggiora di ora in ora e l’assalto ai campi profughi si estende, raggiungendo anche Nablus, Tubas e Tulkarem. L’esercito israeliano ha imposto il coprifuoco dal 28 agosto.
I palestinesi sono intrappolati nei campi profughi. L’attacco militare dell’Idf ha tagliato l’approvvigionamento dell’energia elettrica e dell’acqua.
Medici Senza Frontiere affermano che le forze israeliane ostacolano l’accesso alle strutture sanitarie. Bloccano il traffico. Prendono di mira le ambulanze, ritardando le cure per chi ne ha necessità.
I raids di massa che colpiscono la Cisgiordania occupata causano una grande quantità di distruzione. Nel campo profughi di Nuseirat hanno perso la vita venti persone e, la stragrande maggioranza di loro, è stata presa di mira senza preavviso. I soccorritori hanno lottato per estrarre le vittime bloccate sotto le macerie. Nella zona c’è un crescente senso di tumulto dovuto ai pesanti bombardamenti che appaiono sempre più come una mossa strategica per mantenere ed espandere il controllo sul territorio e provocare altri spostamenti dei palestinesi.
Il Governo di Israele ha un chiaro obiettivo: abbattere ogni forma di resistenza al loro piano politico. E il loro piano politico coincide con l’espansione degli insediamenti in tutta la Cisgiordania, l’annessione della Cisgiordania e la distruzione di qualsiasi tipo di autorità palestinese, al punto che non ci sarà nessuno con cui negoziare.

Da Bruxelles, Josep Borrell lancia un messaggio agli Stati membri della Ue. Ai Ventisette chiede la condanna dell’operato dell’esecutivo di Netanyahu, etichettato come ”inaccettabile” e di superare il condizionamento politico da parte di un alleato storico non più difendibile.
Bloccare e imporre sanzioni contro alcuni ministri dell’esecutivo per i loro ”messaggi di odio” contro i palestinesi. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue è chiaro e diretto. C’è un’Unione europea che non è più disposta a sostenere le ragioni di Israele. La risposta all’aggressione di Hamas ha superato il limite del tollerabile. L’idea di predisporre delle sanzioni per il ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, e per quello delle Finanze, Bezalel Smotrich, presto sarà una proposta formale e ufficiale. L’iscrizione degli esponenti della cerchia del primo ministro israeliano all’interno di una lista nera è un fatto inedito. “Ho deciso di proporre l’inclusione dei due ministri israeliani nella lista Ue delle sanzioni”, annuncia a margine della riunione informale dei ministri degli Esteri. “Ovviamente spetterà ai ministri decidere, come sempre, ma il processo sarà avviato“. Non si tratta di mettere in discussione le ragioni dello Stato ebraico. “L’attacco di Hamas ha dato origine a una guerra, e la guerra ha dato origine a una situazione drammatica dal punto di vista umanitario”, dice facendo un passo indietro nel tempo e tornando ai fatti del 7 ottobre 2023. Piuttosto, si scaglia contro la reazione di Israele che adotta una condotta che a Bruxelles è giudicata come irresponsabile.
Per l’approvazione della richiesta è prevista una votazione unanime. Tra gli Stati Ue, non c’è un accordo di vedute in questo senso. Basti pensare all’Italia che è contraria. All’Ungheria di Orban che non approva le sanzioni. Stessa cosa per la Germania. Molto probabilmente, la proposta di Borrell non passa. Ciò non di meno, Tel Aviv è consapevole che il sostegno senza ‘se’ e senza ‘ma’ dell’Europa è rimessa in discussione. Si aggiunga che, di recente, Belgio e Slovenia hanno sostenuto l’azione legale del Sud Africa, trascinando Israele dinnanzi alla Corte Internazionale di Giustizia, per l’accusa di crimini di genocidio perpetrati sul suolo di Gaza.

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