Il processo per il presunto depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio, che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e ai suoi uomini di scorta, ha subito un importante slittamento a causa di una questione di incompatibilità sollevata durante l’udienza. Il giudice Alberto Davico, che ha già presieduto il collegio nel precedente processo d’appello riguardante il depistaggio, è stato al centro del dibattito in aula dopo che il pubblico ministero Pasquale Pacifico ha espresso preoccupazioni in merito alla sua imparzialità nella nuova fase processuale.
Le accuse coinvolgono quattro ex poliziotti accusati di aver ostacolato le indagini sulla tragica strage del 1992, un evento che segnò profondamente la storia italiana e contribuì a far emergere il problema della mafia. Con il sollevamento della questione di incompatibilità, sia l’accusa che la difesa hanno concordato sulla necessità di un rinvio del processo, in attesa di chiarimenti e motivazioni dal precedente processo d’appello.
Il rinvio dell’udienza al 25 marzo prossimo, pertanto, riflette una complessità aggiuntiva in un caso già altamente sensibile e sotto i riflettori dell’opinione pubblica. Questo nuovo sviluppo non solo potrebbe influenzare l’andamento del processo bis, ma solleva interrogativi più ampi sulla gestione delle questioni di giustizia e sulle garanzie di un processo equo e imparziale.
Con il continuo susseguirsi di eventi in questo caso emblematico, l’attenzione rimane alta su come la giustizia italiana procederà per fare chiarezza su un triste capitolo della sua storia, nel quale la memoria di Paolo Borsellino e degli agenti di scorta deve essere onorata.