All’alba di oggi, la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano ha inferto un nuovo colpo a quella che appare come una saldatura inquietante tra criminalità organizzata e ambienti ultras legati al mondo del calcio. L’inchiesta, che si inserisce nel più ampio procedimento ribattezzato Doppia Curva, ha portato all’emissione di sette misure cautelari da parte del Gip Domenico Santoro, su richiesta del procuratore aggiunto Marcello Viola: cinque arresti in carcere e due ai domiciliari.
Il cuore del nuovo filone investigativo è rappresentato dai rapporti tra alcuni esponenti della curva Nord dell’Inter, imprenditori del Nord Italia e uomini legati alla potente cosca calabrese dei Bellocco, originaria di Rosarno ma con solide ramificazioni nel Settentrione.
Le accuse spaziano dall’usura aggravata al riciclaggio, dalle estorsioni all’emissione di false fatture, e delineano un circuito finanziario parallelo fatto di prestiti a tassi usurari, restituzioni camuffate da operazioni commerciali e pressioni mafiose. Al centro, una figura imprenditoriale del settore televisivo – Piero Bene, titolare della BE.PI. SPORT – a cui sarebbero stati concessi due prestiti con interessi astronomici: uno da 393mila euro al 365% annuo e un altro da 44mila euro all’803%.
Tre dei principali indagati – Filippo Monardo e Giuseppe Orecchio, entrambi originari di Soriano Calabro, e Davide Scarfone, di Palmi – sono accusati di aver operato secondo le modalità tipiche della mafia, al fine di sostenere le casse e le attività del clan Bellocco. Proprio Monardo risulta essere stato in passato consigliere comunale a Sorianello, a conferma della permeabilità tra ambienti istituzionali e criminali.
Tra gli arrestati figura anche Mauro Russo, imprenditore noto per passate collaborazioni con ex campioni del calcio come Paolo Maldini e Christian Vieri, estranei all’indagine. A Russo viene contestata un’estorsione continuata ai danni di un imprenditore attivo nella gestione dei parcheggi attorno allo stadio Meazza, per un totale stimato in circa 60mila euro.
La rete criminale avrebbe agito anche attraverso una fitta trama di società compiacenti dislocate tra Calabria, Lombardia e Puglia, impiegate per simulare compravendite di generi alimentari e mascherare così la restituzione del denaro prestato.
A rendere ancora più grave il quadro accusatorio, il fatto che Antonio Bellocco – ritenuto il collegamento tra Milano e la cosca madre – fosse sottoposto alla sorveglianza speciale al momento dei fatti. L’uomo avrebbe avuto un ruolo decisivo nel coordinare le attività di raccolta fondi destinate al mantenimento degli affiliati detenuti, come emerso da intercettazioni telefoniche che rivelano una gestione meticolosa delle “quote” da versare.
La Procura ritiene che l’organizzazione operasse con metodi consolidati, beneficiando di coperture e connivenze, ma soprattutto facendo leva sulla paura e sull’omertà. Lo stadio, le imprese e la criminalità – un triangolo che, ancora una volta, mostra quanto il tessuto economico e sociale del Nord Italia possa diventare terreno fertile per le infiltrazioni mafiose.