Lo scorso maggio, il procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) Karim Khan aveva chiesto l’emissione del mandato di arresto per il primo ministro israeliano e il suo ministro della Difesa – destituito nei giorni di novembre – per crimini di guerra e crimini contro l’umanità: “Sono stati emessi mandati d’arresto nei confronti di Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi tra l’8 ottobre 2023 e il 20 maggio 2024, il giorno in cui sono state formulate le accuse”, si legge in un comunicato stampa della CPI. In un primo momento, la richiesta di Khan era stata coperta dal segreto per facilitare le indagini, poi il silenzio è venuto meno, nell’interesse delle vittime e dei loro familiari.
Il mese dopo, alla Camera dei Rappresentanti USA si era votato per un disegno di legge (ddl), Illegitimate Court Counteraction Act, che se approvato avrebbe previsto l’applicazione di sanzioni e misure restrittive contro quei giudici della CPI ”impegnati in qualsiasi tentativo di indagare, arrestare, detenere o perseguire qualsiasi” politico statunitense o ”persona protetta” (Benjamin Netanyahu e il suo entourage) dal Paese che come gli USA non riconosca la CPI (nella fattispecie, Israele).
Il procedimento legislativo è giunto a termine e giovedì scorso, 9 gennaio, il ddl è stato approvato con 243 voti a favore contro 140 (198 repubblicani, 45 democratici).
Dopo oltre un anno di bombardamenti incessanti da parte dell’Iof (esercito di occupazione israeliano), dopo oltre 46 mila morti accertati (la cifra reale è distante per eccesso da quella ufficiale, non tutte le morti sono accertabili oggettivamente per motivi ovvi), il Commissario per gli Affari Esteri sostiene che la risposta militare di Israele all’attacco di Hamas è stata condotta ”con la massima moderazione che la guerra può consentire”.
La parola ”guerra” appare fuori luogo, prevedendo lo scontro armato tra due eserciti che si combattono tra di loro. Nel caso di Gaza si sta assistendo ad un genocidio nei confronti di una popolazione inerme: il 70% dei morti è costituito da donne e bambini.
”Ciò che la CPI sta facendo – prosegue il Commissario per gli Affari Esteri – con i suoi mandati d’arresto, è legittimare le false accuse di crimini di guerra israeliani per fermare il successo schiacciante delle operazioni militari israeliane”. In definitiva, la Corte avrebbe preso di mira Israele in modo ingiustificato, attaccando ”il grande alleato” dell’America.
Il voto statunitense ha destato non poche preoccupazioni. Le rappresentanze della società civile e diversi portavoce delle comunità religiose hanno inviato una lettera aperta alla neo amministrazione Trump, chiedendo la sospensione del provvedimento legislativo.
Alcuni esperti del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU hanno commentato che per un Paese ”che si considera un campione dello Stato di diritto” è innaturale cercare di ostacolare le attività di un tribunale indipendente, promuovendo la ”cultura dell’impunità”.
La CPI ha stigmatizzato fortemente la votazione alla Camera dei Rappresentanti, dichiarando di ”condannare fermamente tutte le azioni volte a minacciare la Corte e i suoi funzionari, a minare la sua indipendenza giudiziaria e il suo mandato e a privare della giustizia e della speranza milioni di vittime di atrocità internazionali in tutto il mondo”.
La minaccia di sanzioni contro la CPI non è un fatto inedito. In passato gli USA avevano emesso sanzioni ad personam nell’ambito delle indagini sui crimini di guerra in Afghanistan.
A volte capita di assistere all’applicazione di due criteri differenti a seconda del Paese destinatario del provvedimento. E così, non molto tempo fa, era stato proprio il segretario di Stato Anthony Blinken ad esortare gli Stati firmatari dello Statuto di Roma – in base al quale si determina il riconoscimento dell’autorità della Cpi – ad appoggiare incondizionatamente la Corte quando emise il mandato di arresto per il presidente russo.
Un peccato, però, che lo stesso entusiasmo non si sia mai tradotto in un analogo sostegno quando si è trattato di altri leader. Ma si sa, nella politica internazionale la coerenza è un lusso che pochi si possono permettere.