Che cos’è un’avanguardia? È un movimento che si propone nuovi modi espressivi in contrasto con la tradizione e con il gusto corrente. Ecco oggi noi ci presentiamo con questo sostantivo. Un sostantivo antico che ancora oggi è quello più adeguato a spiegare il senso, la missione, il motore, di questa nostra nuova iniziativa editoriale. Rappresentare un’avanguardia di tipo giornalistico in una regione collocata nel sud del sud e percepita nel paese come la terra canaglia, anche perché così è narrata, voluta e collocata dai grandi potentati economici ed istituzionali del paese, è la sfida che introduciamo. Una sfida esaltante. Una sfida difficile. Una sfida pericolosa.
Perché è pericolosa? Perché la Calabria è diventata la terra di servizio per grossi interessi di tipo economico e istituzionale. Quando ti ritrovi di fronte o ti metti di traverso con questi potentati ti puoi aspettare di tutto. Quali sono i fattori da cui passa l’alta tensione? Il porto di Gioia Tauro, per esempio, come accennava l’amico Luigi Longo nel suo editoriale di saluto. Nel corso degli anni tutti hanno predicato il suo sviluppo, alla fine, curiosamente questa grande infrastruttura strategica si ritrova sempre sotto attacco. Le dinamiche sulla sanità, come confermato dai dati e da tutti gli indicatori, ma anche le politiche energetiche. Intorno a tutto ciò, si muovono interessi da far tremare le vene ai polsi e sui quali sono caduti politici, uomini di governo, sindaci quando hanno cercato di invertire la rotta.
La terra bancomat
La Calabria è la Terra bancomat di questi poteri. I centri decisionali non sono interessati al miglioramento delle condizioni di servizio dei calabresi. Il grande dibattito oggi verte sulla introduzione dell’autonomia differenziata. Una forzatura da parte degli stessi poteri che da decenni tengono la nostra regione sotto scacco. È indubbio, dunque, che l’autonomia differenziata potrebbe essere una sciagura mortale e definitiva per la nostra regione. La politica (opposizione e maggioranza), allo stato, non ha l’autorevolezza e la credibilità necessaria per condurre questa battaglia. I primi hanno varato il provvedimento legislativo che ha aperto la strada all’autonomia differenziata, i secondi sono alleati e, quindi, vincolati a coloro che per decenni hanno predicato la secessione. Inoltre, né maggioranza né opposizione, al momento, sono poi così convinti e forse interessati a una battaglia di resistenza e sopravvivenza del Sud e della Calabria. I centri decisionali dei partiti sia di maggioranza che di opposizione sono ben saldi nelle mani dei potentati che tengono sotto scacco la Calabria.
Il 23 gennaio 2024 su 110 Senatori che hanno votato a favore dell’autonomia differenziata 45 erano del Sud, il totale dei senatori è 200 più sei a vita, senza il voto dei meridionali non ci sarebbe stata nessuna maggioranza. Hanno anteposto il vincolo e la fedeltà di partito a quella dei territori dove sono stati eletti. Ciò, rivela la pericolosa debolezza della classe dirigente meridionale e, in particolare, di quella calabrese. E’ evidente non ci sono più punti di riferimento istituzionali che abbiano potere contrattuale sui tavoli romani. La politica calabrese, infatti, non ha più nessun peso. Tale contesto come la disaffezione al voto è scaturito dalla legge elettorale che ha creato una classe dirigente di nominati, lontani dai territori e servi dei potentati politici romani che li nominano. Una battaglia di rinnovamento, dunque, non può che prescindere da una campagna e da un movimento che punti alla modifica della legge elettorale.
La nostra battaglia
La nostra, dunque, sarà una battaglia difficile. Forse accidentata. Ogni qualvolta che si tenta di svincolare la nostra regione dalle dinamiche che la tengono sotto scacco, infatti, qualcosa succede, un’inchiesta, un’indagine, uno scandalo usati per demolire carriere e credibilità di uomini delle istituzioni. Meccanismi nei quali, purtroppo, la stessa magistratura si ritrova inconsapevolmente (oppure no) a fare il gioco di tali potentati. In mezzo, un fiume carsico di rapporti ambigui, lobby, poteri legati ai servizi, logge massoniche o ad altre strutture occulte o semi occulte. No, non è una trama da fiction quella a cui faccio riferimento ma la storia di almeno gli ultimi trent’anni. Una triste realtà che a furia di scriverla è diventata quasi letteratura giornalistica. La Calabria paga il dazio più feroce ad uno Stato debole, squilibrato nei suoi poteri che da oltre trent’anni ha eletto la Calabria il luogo nel quale affermare il volto violento della legge. In questo modo, questo Paese da operetta cerca di lavare la propria coscienza, e descrivendo la Calabria come il centro di ogni male si salvaguardano così altre realtà territoriali dagli assalti di inchieste giudiziarie selvagge. Le zone dell’economia settentrionale che paradossalmente oggi sono le più appetibili per le mafie diventano zone franche. È in quest’ottica, dunque, che si mantengono in vita norme liberticide che hanno l’alibi dell’emergenza perenne di una lotta alla ‘ndrangheta che è diventata il grimaldello di fulgide carriere in ambito giudiziario, prefettizio e nelle forze di Polizia. Il risultato è noto: le inchieste a strascico di Nicola Gratteri con il 62% di proscioglimenti e assoluzioni, e ancora scioglimenti a raffica di comuni, enti paralizzati dai commissariamenti, economie in ginocchio per le indiscriminate interdittive. Decine e decine di scelte spesso basate sul nulla o su semplici congetture. In questo clima è saltato il rispetto delle garanzie dei cittadini e lo Stato di diritto: la lenta agonia della democrazia liberale.
Diceva Giustino Fortunato che fino a quando la questione meridionale sarà ridotta a mera questione criminale non si risolverà mai. In Calabria questa profezia del grande meridionalista è realtà. La deriva è questa. E, d’altronde, se la segretaria del maggior partito di sinistra, Elly Schlein, per la sua prima uscita in Calabria, sceglie di venire ad una rassegna di libri antimafia nella quale si presentava l’ennesimo libro del Procuratore di Napoli, piuttosto che visitare i centri del degrado sanitario della regione, ciò la dice lunga sulla visione politica verso la Calabria anche da parte delle forze che, in passato, si definivano progressiste e meridionaliste. Il nostro obiettivo è invertire questa deriva verso un “autoritarismo legalitario” che fa sostenere a esponenti di Libera mostruosità come l’affermazione che “un innocente non sempre è onesto”. Una selvaggia visone del diritto che va contrastata culturalmente e civilmente, insieme all’uso indiscriminato e politico degli scioglimenti dei consigli comunali per mafia, delle interdittive, che stanno desertificando il sistema degli enti locali in Calabria nel nome dell’emergenza della lotta alla mafia che, da tempo ormai, non è più un’emergenza.
E poi ci sono le derive degli apparati di polizia. L’uso spregiudicato delle intercettazioni. La necessità di una riforma della Giustizia. Sono tutte visioni che sosterremo dentro un dibattito che tenteremo di stimolare e tenere acceso. Sappiamo benissimo che tutto ciò ci esporrà a critiche anche da parte di quella stampa che va a braccetto con quel pezzo di magistratura che ha sposato la linea della spettacolarizzazione della giustizia e delle inchieste, ma noi tireremo dritti per la nostra strada. Non consentiremo più a nessuno, senza dire la nostra, di definire scrittori, giornalisti, intellettuali di essere compiacenti con la ndrangheta, solo per il fatto di criticare i metodi e gli errori di certe allegre inchieste che hanno lasciato sul terreno dolore e sofferenze tra coloro che le hanno subite.
Saremo un giornale e saremo al servizio della notizia e dei fatti. Ma avremo anche un punto di vista con il quale cercheremo di stimolare un dibattito e una dialettica con tutti. Non vogliamo ridurre la discussione sulla riforma della giustizia tra garantisti e giustizialisti, semmai il nostro sarà un termometro per il rispetto della costituzione italiana. Ho citato solo alcuni dei temi sui quali saremo sensibili e condurremo le nostre iniziative editoriali. La battaglia è appena iniziata.