Gli USA hanno abolito il divieto di riceve e usare armi americane per la 12-esima Brigata d’assalto Azov, la controversa un’unità paramilitare ucraina, di orientamento neonazista, con compiti militari e di polizia, fondata nel 2014 durante le prime fasi della guerra del Donbass, in risposta ai guerriglieri secessionisti filo-russi.
Il divieto era stato introdotto dieci anni fa, in occasione dell’annessione della Crimea da parte della Russia e in seguito all’applicazione dell’emendamento Leahi – dal nome del relatore del provvedimento (senatore Patrick Leahi) – che vieta, per l’appunto, al dipartimento di Stato e al dipartimento della Difesa statunitense di prestare assistenza militare alle forze di sicurezza straniere che, violando i diritti umani, siano state iscritte nella lista nera dell’emendamento.
Fin dal 2014, Amnesty International, Human Rights Watch e le Nazioni Unite avevano segnalato le violenze – torture, omicidi e altro – messe in atto dal gruppo neonazista nella regione orientale filo-russa dell’Ucraina, il Donbass. Due anni dopo, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), avrebbe pubblicato un report di denuncia sui crimini di guerra consumati a danno popolazioni russofone.
Il Dipartimento di Stato statunitense (DOS), sulla base di una revisione operata sulla Brigata Azov, ha deciso che oggi ”non ci sono prove” per mantenere attivo il divieto, consentendo il via libera agli armamenti acquistati con fondi americani e la partecipazione dei paramilitari alle esercitazioni belliche nei Paesi occidentali. E ha comunicato una nota al Washington Post, di cui si riporta un frammento rilevante: ”Dopo un’attenta revisione, la 12-esima brigata Azov delle forze speciali ucraine ha superato il controllo Leahy effettuato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti”.
Appare evidente che la decisione si collochi in un contesto di carenza non solo di armi, ma soprattutto di uomini. E che abbia una valenza simbolica: è poco probabile infatti che, prima dell’abrogazione del ban, il Battaglione, che da anni integra l’esercito ucraino, non abbia utilizzato armi dell’Occidente.
Il Battaglione venne ”regolarizzato” nel 2015, quando assunse le vesti di riserva dell’esercito e fu integrato nella Guardia nazionale ucraina. Per tanto, l’attuale Brigata andrebbe distinta dal suo nucleo originale, sostiene il dipartimento USA, anche per contrastare la propaganda russa di disinformazione. Per il Cremlino si tratta comunque di ”un’unità di ultranazionalisti”. Da parte sua, il Battaglione Azov, negli ultimi anni ha fatto molto per riabilitare la propria immagine, respingendo gli accostamenti alla destra estrema.
Nella primavera 2022 subì una decimazione nei combattimenti all’acciaieria Azovstal di Mariupol. I superstiti l’anno scorso sono stati inquadrati in una brigata speciale della Guardia nazionale.
L’aver operato in prima linea ha portato un vantaggio in termini di consensi, nonostante la filosofia estremista intrinseca nel dna del Battaglione, o forse grazie a questo, come è dimostrato ampiamente dalla presenza di un partito politico di massa – il Corpo nazionale – fondata dai veterani, e da una rete di subcultura che si estrinseca nella presenza sul territorio di centri sociali, circoli e palestre.